Di seguito il testo della lettera aperta inviata da Renato Perrini, vicecoordinatore di Forza Italia per la provincia di Taranto, ai parlamentari pugliesi del gruppo di Forza Italia:
Nella mia doppia veste di imprenditore tarantino, nonché di persona impegnata politicamente, mi trovo oggi nelle condizioni di dover ammettere di essere in uno stato di assoluta confusione, di smarrimento e di forte imbarazzo, in presenza di una crisi sicuramente senza eguali nella storia del nostro Paese e in particolare del territorio ionico. Uno stato d’animo che deriva dal senso di impotenza che avverto, come imprenditore, incapace di individuare vie di uscita rispetto al totale collasso del sistema produttivo tarantino, e come politico, per la impossibilità di incidere concretamente nelle scelte necessarie per uscire dal tunnel in cui da tempo ormai siamo entrati. Da quasi tre anni ormai la provincia ionica vive la crisi della più grande acciaieria del Paese, tra le più grandi in Europa, assistendo ad una escalation di eventi che progressivamente stanno conducendo il territorio verso il totale default. Lontani dal risolvere le problematiche di natura ambientale, il risultato concreto, esito del combinato disposto di ben 7 decreti del governo, è la prospettiva molto realistica di 8.000 addetti a breve posti in cassa integrazione, o con contratto di solidarietà, tra diretti e indotto. Aziende dell’appalto ormai vicine alla chiusura e al licenziamento di almeno 3.000 unità lavorative. In questo scenario, già tragico, si inserisce la vicenda ormai penosa del porto di Taranto, le cui questioni giudiziarie legate ai vari ricorsi sugli appalti, continuano a bloccare ogni ipotesi di sviluppo. La tensione sociale cresce ogni giorno di più, mentre assistiamo ad una gestione della emergenza assolutamente inadeguata da parte di tutti i livelli istituzionali, da quelli locali al governo centrale. Ciò che è stato presentato come un provvedimento in favore dei bambini di Taranto, alla prova dei fatti si sta dimostrando causa di ulteriore aggravamento delle condizioni di vita delle famiglie; un decreto che non fornisce alcuna reale garanzia sulle risorse necessarie per la ambientalizzazione e la ripresa della produzione, ma che, paradossalmente, punisce perfino quanti finora hanno lavorato per garantire continuità al siderurgico. Le aziende dell’indotto Ilva devono ricevere subito il pagamento dei crediti maturati per evitare di chiudere definitivamente. La loro chiusura, accompagnata da altri provvedimenti di riduzione della occupazione che potrebbero interessare i diretti Ilva, comporterebbe un effetto domino su tutta la già compromessa economia del territorio. Taranto è stata più volte definita di interesse nazionale; lo è sempre stata quale sede di una industria di Stato che per circa 40 anni ha servito il Paese consentendone il pieno sviluppo e pagandone tutti i costi sul piano della devastazione ambientale e della salute dei suoi cittadini. Oggi, mentre si continua a sostenere le ragioni del mantenimento degli assetti industriali, in concreto si rischia lo smantellamento del siderurgico. Taranto, e l’intero Paese, non possono permetterselo. Occorre un deciso cambio di rotta; porre fine ai provvedimenti tampone che non risolvono ma, anzi, aggravano la situazione. Occorre un impegno forte del governo che intervenga in modo chiaro con un progetto che si fondi sulla certezza delle risorse. Mi appello ai nostri parlamentari pugliesi affinché uniscano le proprie forze, sostenendo l’impegno dell’on.le Gianfranco Chiarelli, parlamentare di riferimento del territorio ionico, e nostro coordinatore provinciale, per affrontare insieme una battaglia davvero epocale che richiede unità di intenti. Il decreto nr. 1/2015 non può passare così come è stato licenziato dal governo e, affrontata e risolta con urgenza la questione legata ai pagamenti dei crediti, occorre un diverso approccio alla intera questione che punti ad una soluzione vera in tempi brevi. Taranto e la sua provincia non possono più aspettare.