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Autonomia differenziata: i no dalla Puglia, manifestazioni ad Andria e Manfredonia Ed un parere favorevole

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Di seguito un comunicato diffuso da Ali:

Si è svolta lunedì ad Andria la manifestazione pubblica contro l’autonomia differenziata “L’Italia non si divide. Contro la secessione dei ricchi”. Il professore di politica economica Gianfranco Viesti e il sindaco di Bari, presidente ANCI. Antonio Decaro, sono stati accolti da Giovanna Bruno, sindaco di Andria, presidente regionale ALI Puglia e vicepresidente della rete Recovery Sud. L’intero dibattito è stato moderato da Davide Carlucci, presidente della Rete, giornalista di La Repubblica, già sindaco di Acquaviva delle Fonti.

IMG 20240228 WA0003Già da tempo la Rete si sta mobilitando contro il processo dell’autonomia differenziata. Durante il dibattito, i Sindaci del Sud hanno parlato con un unico obiettivo: far comprendere ai cittadini quanto di “vero” ci sia nell’autonomia differenziata, ovvero nulla. Ribadisce la presidente Bruno che siamo di fronte ad “una legge truffa e lo riteniamo a ragion veduta nel momento in cui si sviscerano quelli che sono i nodi legati all’autonomia differenziata”. Istruzione, sanità ed energia, sono solo alcune delle materie oggetto della secessione.

Nella sua analisi, infatti, il prof. Viesti racconta ai presenti quali sarebbero gli effetti nefasti dell’autonomia differenziata, in cui ogni regione avrebbe competenze esclusive, “regioni Stato, una realtà che non c’è da nessun’altra parte del mondo”, ognuno con la sua scuola, con la sua sanità e le proprie infrastrutture.

Carlucci sottolinea che i Sindaci di oggi “stanno facendo veramente i Sindaci, cioè i difensori della propria comunità perché in questo momento le nostre comunità sono sotto attacco e non sono slogan ideologici. Continua Viesti nella sua analisi, che “le regioni assumerebbero anche molte competenze amministrative che normalmente spettano ai comuni. Queste stesse regioni potranno poi cedere delle competenze amministrative ai comuni, se lo vorranno, su decisione del presidente della regione, quindi nella sua versione estrema l’autonomia differenziata, sarà differenziata non soltanto tra le regioni ma anche tra i comuni della stessa regione.

Sulla base di tutto ciò Antonio Decaro, presidente di 8000 Sindaci italiani, che già nella nota ANCI del 1 marzo 2023 aveva chiaramente espresso l’inopportunità di dividere l’Italia, non può e non resta in silenzio: “la Costituzione prevede che in qualunque posto un cittadino nasca e successivamente decida di andare a vivere, deve avere gli stessi diritti e quindi gli stessi servizi, oltre che gli stessi doveri. Già oggi non è così se la lista d’attesa nell’Emilia Romagna, in Toscana o nel Veneto sono ridotte rispetto alla Puglia e alla Campania”.

Al centro del dibattito, un servizio fondamentale che i comuni erogano a fatica e che quest’anno ha subito ulteriori tagli: gli asili nido, “il servizio che permette la socializzazione, l’inclusione, la possibilità per tutte le donne di emanciparsi, ancora oggi stenta ad esser ritenuto un servizio essenziale per il futuro dell’intero Paese da Nord a Sud”, dichiara Maria Marangi, direttora ALI Puglia.

L’iniziativa è stata accolta con molto favore dalla tantissima gente intervenuta, anche da città limitrofe ed è stata occasione per presentare ufficialmente il Comitato per il NO all’autonomia differenziata di Andria, che sta portando avanti una serie di azioni informative.

L’appello finale della presidente Bruno è alla mobilitazione di tutti i cittadini per far sentire forte il NO all’autonomia differenziata.

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Di seguito un comunicato diffuso dagli organizzatori:

incontro Manfredonia 01Le regioni ricche avranno ancora più risorse, le regioni povere s’impoveriranno ulteriormente: con l’autonomia differenziata, il divario tra il Nord e il Sud dell’Italia è destinato ad aumentare. In termini concreti, su servizi e diritti fondamentali come Sanità, Istruzione, Lavoro, Trasporti pubblici, infrastrutture per la mobilità e molto altro ancora, con l’autonomia differenziata avremo non un’Italia, unita e indivisibile, ma tante ‘Italie’, ognuna con un sistema sanitario, educativo e occupazionale differente per livello ed efficienza. La situazione attuale, dunque, sarà ‘perpetuata’ e addirittura peggiorata “per legge”. Le regioni più ricche potranno scegliere per se stesse, più di quanto fanno già attualmente, i medici migliori, le docenti e i docenti più capaci, offrendo loro migliori condizioni, in virtù delle maggiori risorse economiche di cui dispongono. Le regioni più povere, di contro, in assenza di garanzie di perequazione concrete ed effettive che l’autonomia differenziata non stabilisce con precisione e con le coperture finanziarie necessarie, vedranno ulteriormente peggiorare le difficoltà dei propri sistemi sanitari, così come le proprie scuole. Cittadini di serie A da una parte, cittadini di serie B dall’altra.

È questo il grido d’allarme lanciato ieri sera, martedì 27 febbraio 2024, da Cgil Foggia, Uil Foggia, Acli, Arcidiocesi, ANPI Comitato provinciale di Foggia e Arci Foggia.

In una sala gremita, all’interno della struttura delle Ex Fabbriche San Francesco a Manfredonia, sulla questione si sono confrontati Cecilia Simone, segretaria della sezione ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia; Gianni Palma, segretario generale CGIL Foggia; Domenico Rizzi, presidente provinciale ARCI Foggia; e Nicola Colaianni, magistrato e docente universitario.

Il progetto di autonomia differenziata del Ministro Calderoli prevede che alcune Regioni possano richiedere più autonomia e più poteri, rispetto alle altre, su tanti argomenti centrali per la vita dei cittadini, fra cui la sanità, la scuola, l’ambiente, l’energia, il commercio con l’estero, la ricerca scientifica. Così avremmo un Paese arlecchino, con diritti dei cittadini e prestazioni diverse dei servizi a seconda delle regioni. Aumenterebbero le diseguaglianze, il Paese si frantumerebbe e crescerebbe l’impoverimento delle regioni più deboli. Occorre invece un altro regionalismo: solidale, non competitivo, rispettoso della natura una e indivisibile della Repubblica.

Il disegno di legge Calderoli definisce le procedure per l’attuazione delle richieste di autonomia delle Regioni, procedure che non prevedono un intervento di merito del Parlamento, le cui commissioni possono solo esprimere un atto di indirizzo. Le Camere approvano o respingono la legge di recepimento dell’intesa avvenuta tra lo Stato e la Regione interessata, senza poter intervenire nel merito dell’accordo: materie rilevanti per la vita dei cittadini vengono sottratte al controllo di chi li rappresenta. Il disegno di legge inoltre stabilisce che tali intese possono essere attuate solo dopo la definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni (LEP) da garantire a tutti i cittadini e il cui finanziamento va concordato da una apposita commissione paritetica Stato-Regione. Prevede però che dalle intese non debbano derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. In pratica, le disparità già esistenti verranno ulteriormente accentuate. Già oggi esistono grandi differenze di spesa pubblica tra Nord e Sud del Paese, a discapito del Sud, ed è evidente che, senza investimenti economici, nelle regioni più svantaggiate non ci sarà nessuna possibilità di colmare le diseguaglianze sociali e territoriali, che anzi tenderanno ad aumentare.

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Di seguito un comunicato diffuso da Livolsi & partners:

grafico 3 WHzVVJ8 sa“La congiuntura è nel segno dell‘incertezza complessiva, tra le elezioni europee di giugno – in cui si vota col sistema proporzionale per cui i partiti anche della stessa coalizione scendono in campo tutti contro tutti – e il caos geopolitico – ultima notizia il peggioramento delle relazioni, già al minimo per via della guerra in Ucraina, tra democrazie occidentali e Mosca dopo la morte improvvisa di Alexey Navalny nella colonia penale della Russia artica. L’economia italiana fatica a uscire dalla stagnazione. La Commissione europea ha tagliato le stime prevedendo una crescita dello 0,7% nel 2024 rispetto allo 0,9% di novembre. Rivista al ribasso anche l’aspettativa per il 2023: secondo l’Ue lo scorso anno il nostro Pil è aumentato dello 0,6% contro la precedente valutazione dello 0,7%”. E’ l’analisi di Ubaldo Livolsi, professore di Corporate Finance e fondatore della Livolsi & Partners S.p.A.
“Da queste colonne- continua- da tempo sosteniamo che l’Italia deve puntare sulle imprese: sono queste ultime che, creando occupazione e salari, stimolano la domanda e inducono crescita e sviluppo. Per fare questo, è fondamentale individuare le aree su cui le stesse aziende devono intervenire: l’innovazione, il capitale – su cui dovrebbe essere anche destinato il risparmio
privato – i giovani talenti e i manager capaci, la crescita dimensionale e l’internazionalizzazione. Se è vero che lo Stato deve svolgere la propria funzione tramite leggi ad hoc e immettere forza positiva nel sistema: dall’eliminazione della burocrazia al funzionamento della pubblica amministrazione alle norme contro la concorrenza sleale, sorprende che sia passato sotto silenzio il contributo che può portare alla ripartenza del Paese l’autonomia differenziata, cavallo di battaglia di Roberto Calderoli, ministro degli Affari regionali, il cui ddl, promosso al Senato a fine gennaio, passerà alla Camera dove dovrà essere approvato con la maggioranza assoluta. Le singole Regioni potranno contrattare con lo Stato fino a un massimo di 23 materie: tra cui Salute, Istruzione, Sport, Ambiente, Energia Trasporti, Cultura e Commercio estero. Tutto ciò dovrà essere subordinato ai Lep-Livelli essenziali di prestazione, ossia degli standard minimi di servizio indipendentemente dal luogo di residenza del cittadino”.
“Si è ricordato poco- sottolinea quindi Livolsi- come tutto questo sistema possa favorire le imprese. Il federalismo e il liberismo in economia sono due colonne del pensiero liberale. L‘autonomia differenziata va inquadrata in tale contesto. L’obiettivo è arrivare a uno Stato vicino ai cittadini, che faccia gli interessi delle imprese (anch’esse espressione dell’individuo) e del territorio su cui esse sorgono. Dall’istruzione alla salute, dall’energia ai trasporti al commercio estero, tutti questi ambiti, se fatti a misura e a vantaggio delle imprese – oltre che ovviamente dei cittadini – non potranno che fare bene all’impresa. Lo schieramento del centrosinistra biasima l’autonomia differenziata perché disunirebbe l’Italia. Si può ricordare che di fatto una sorta di autonomia differenziata nel nostro Paese sia già in atto, si pensi per esempio a quanto avviene nella sanità con molti cittadini del Sud che si spostano nelle regioni del Nord per essere curati. Che l’autonomia differenziata sia la strada, lo dimostra anche l’istituzione a partire dal 1° gennaio 2024 della Zona economica speciale per il Mezzogiorno, ‘Zes unica’. All’interno di questa – che comprende i territori di Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia, Sardegna e sostituisce le Zone economiche speciali frammentate in otto diverse strutture amministrativi – le imprese già operative o di nuovo insediamento possono beneficiare di agevolazioni fiscali e di semplificazioni amministrative”.
“Va anche ricordato- scrive ancora Livolsi- che con l’autonomia differenziata uscita dal Senato, lo Stato si riserva di intervenire e il Governo può sostituire Regioni, Città metropolitane, Comuni e Provincie se inadempienti sui trattati internazionali, normativa comunitaria e sicurezza pubblica. Molto importante è che i Lep siano molto stringenti in tema di diritti civili e sociali. Sarà fondamentale il sistema dei controlli sugli sprechi e la capacità di mettere a tavolino dei processi virtuosi per cui siano premiate quelle Regioni che spendono meno. Si spera anche- conclude- che si risolva il nodo del Fondo perequativo di cinque miliardi per le Regioni che non chiedano l’autonomia, che a tutt’oggi, a causa dei noti problemi di bilancio dello Stato, è a fondo zero, come ha ricordato il Mef, guidato dal ministro Giancarlo Giorgetti”.

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