rendimentogold

basilepiccolo

inPrimis per prenotazioni parrucchiere


Azienda ospedaliera di Foggia, prima in Puglia per numero di parti. Segue il “Santissima Annunziata” di Taranto Dati riferiti al 2017. Primato nazionale a Torino

Screenshot 2018 03 28 11 46 07

Di seguito il comunicato:

Le strutture pubbliche o private accreditate che nella Regione effettuano parti sono 32. Il 38% rispetta il valore di riferimento fissato a 1000 parti mentre il 16% non rispetta il valore minimo di 500 parti l’anno. Le 5 strutture che in Puglia effettuano un maggior numero di parti sono:

1. Azienda Ospedaliera Universitaria OO. RR. di Foggia (n° parti: 2646)

2. Ospedale Taranto – Santissima Annunziata di Taranto (n° parti: 1943)

3. Ospedale Vito Fazzi di Lecce (n° parti: 1832)

4. Consorziale Policlinico di Bari (n° parti: 1737)

5. Ente Ecclesiastico Ospedale Generale Regionale Miulli di Acquaviva delle Fonti (n° parti: 1652)

L’Ente Ecclesiastico Ospedale Generale Regionale Miulli di Acquaviva delle Fonti e l’Ospedale Mons. R. Dimiccoli di Barletta raggiungono performance molto alte sia per quanto riguarda il numero di parti (che deve mantenersi maggiore-uguale a 1000) sia per ciò che concerne le percentuali di tagli cesarei, che devono mantenersi inferiori-uguali al 25%. Queste sono le due strutture che rispettano entrambi i valori di riferimento.

Le 15 strutture italiane dove si effettuano un numero maggiore di parti sono:

1. Ospedale Sant’Anna di Torino (n° parti: 7052)

2. Ospedale Maggiore Policlinico di Milano (n° parti: 5906)

3. Ospedale San Pietro Fatebenefratelli di Roma (n° parti: 4441)

4. Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo (n° parti: 4235)

5. Policlinico Universitario A. Gemelli di Roma (n° parti: 4219)

6. Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi di Firenze (n° parti: 3565)

7. Ospedale San Giovanni Calibita Fatebenefratelli di Roma (n° parti: 3519)

8. Policlinico Sant’Orsola – Malpighi di Bologna (n° parti: 3348)

9. Presidio Ospedaliero Spedali Civili di Brescia (n° parti: 3234)

10. Ospedale dei Bambini Vittore Buzzi di Milano (n° parti: 3215)

11. Ospedale di Padova (n° parti: 3115)

12. Ospedale Filippo del Ponte di Varese (n° parti: 3008)

13. Ospedale Maggiore C.A. Pizzardi di Bologna (n° parti: 2993)

14. Policlinico di Modena (n° parti: 2887)

15. Fondazione Poliambulanza – Istituto Ospedaliero di Brescia (n° parti: 2837)

Raggiungono buone performance anche per quanto riguarda il numero di tagli cesarei (che devono mantenersi inferiori-uguali al 25%): l’Ospedale Sant’Anna di Torino (17,7% di tagli cesarei), l’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo (14,19 % di tagli cesarei), il Policlinico Gemelli di Roma (18,04 % di tagli cesarei), l’Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi di Firenze (18,26 % di tagli cesarei), il Policlinico Sant’Orsola di Bologna (14,54 % di tagli cesarei), il Presidio Ospedaliero Spedali Civili di Brescia (18,17% di tagli cesarei), l’Ospedale dei Bambini Vittore Buzzi di Milano (9,1% di tagli cesarei), l’Ospedale Filippo del Ponte di Varese (6,01% di tagli cesarei), l’Ospedale Maggiore Pizzardi di Bologna (16,18% di tagli cesarei), il Policlinico di Modena (22,24% di tagli cesarei) e la Fondazione Poliambulanza di Brescia (19,81% di tagli cesarei). (Le percentuali riportate si riferiscono ai dati del PNE aggiustati*). Tra le strutture citate, quelle che hanno ricevuto almeno un Bollino Rosa O.N.Da per il reparto di Ostetricia-Ginecologia e Neonatologia (ovvero i reparti che si occupano delle cure della donna in gravidanza e del neonato) sono: l’Ospedale Sant’Anna di Torino, il San Pietro Fatebenefratelli di Roma, l’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, il Policlinico Universitario A. Gemelli di Roma, l’Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi di Firenze, l’Ospedale San Giovanni Calibita Fatebenefratelli di Roma, il Presidio Ospedaliero Spedali Civili di Brescia di Brescia, l’Ospedale di Padova, l’Ospedale dei Bambini Vittore Buzzi di Milano e il Policlinico di Modena.

Fonte dati: PNE 2017

Di seguito l’intervista a Federica Migliorini:

Com’è nata l’idea di MaMì Club? È nata per caso, un paio di anni fa, quando sono diventata mamma. Avevo bisogno di risposte concrete alle mie tante domande così ho deciso di aprire un gruppo facebook in cui ho inserito le mie amiche le quali, a loro volta, hanno invitato le proprie. La community, così, in poco tempo si è allargata: avevo intercettato un’esigenza di molte! Ora, a due anni di distanza, la pagina conta 14mila iscritte. La sua peculiarità, rispetto ai forum che già esistevano e che si rivolgevano a un target nazionale, è di essere circoscritta a Milano. In una grande città come questa, può capitare di sentirsi sole e spaesate specialmente se non si è nate qui e la famiglia d’origine è lontana. Quando nasce un figlio, hai un forte bisogno di confrontarti con altre donne per trovare risposta ai piccoli e grandi problemi quotidiani. Appartenere a una community ti agevola molto. Gli incontri avvengono solo sulla pagina facebook o anche dal vivo? All’inizio avvenivano solo su Facebook che, ancora oggi, è lo strumento principale di interazione. Il progetto, però, si è evoluto. Complice anche il fatto che il rientro in ufficio dopo la maternità non è stato facile, ho deciso di scommetterci e di dedicargli più energie. Ho, quindi, iniziato a organizzare eventi gratuiti: merende, incontri con ostetriche, pediatri, nutrizionisti, ecc. Durante questi appuntamenti, i bambini sono liberi di gattonare sui tappeti, mentre le mamme chiacchierano e rivolgono le loro domande agli esperti. Col tempo sono nati nuovi bisogni: alcune iscritte, trasferite in altre città, hanno chiesto di poter replicare l’esperienza altrove. Così abbiamo creato nuovi gruppi facebook per le mamme di Roma, Firenze, Bergamo, Varese, Torino e Londra – unica eccezione fuori confine. Lavorando al progetto, mi sono anche resa conto di come far parte di un gruppo numeroso abbia dei vantaggi perché permette di accedere a convenzioni con negozi e servizi. Così, oggi, chi fa parte del club ha anche la possibilità di ottenere facilitazioni presso palestre che organizzano corsi per bambini, centri benessere, agenzie che organizzano feste di compleanno, e così via. Per usufruirne, basta inviare un’email a info@mamiclub.it e richiedere il codice di accesso gratuito al sito www.mamiclub.it, si riceverà una card per partecipare a tutte le iniziative della community.

Chi sono le mamme di MaMì Club? Trattandosi di una community relativamente giovane, il nocciolo duro è composto da donne sui 30 anni, spesso alla prima gravidanza. Ma c’è anche chi ha già 3 o 4 figli o chi ne ha due avuti a distanza di tempo e si trova a “ricominciare da capo”… è un gruppo molto variegato. La maggior parte è informata e consapevole, ad esempio dei vantaggi che comportano il parto naturale o l’allattamento al seno. Molte si iscrivono intorno al 6°-7° mese di gravidanza, quando si avvicina il momento della nascita del bambino. Altre intercettano il gruppo fin dai primi mesi. Quali sono gli argomenti più gettonati nelle chat? Sicuramente interessano molto le tematiche relative alla gravidanza e al parto. Le donne in attesa hanno tanti dubbi sugli esami prenatali da fare o sull’ospedale in cui far nascere il bambino. Fanno grande tesoro dell’esperienza altrui. Uno dei desideri comuni è di sentirsi ascoltate qualunque sia il loro bisogno: che sia l’accesso all’analgesia epidurale o un pizzico di conforto quando qualcosa le preoccupa. Altro aspetto a cui tengono molto è la sicurezza perché c’è inevitabilmente anche il timore che qualcosa possa andare storto. Argomenti molto discussi sono poi quelli che ruotano intorno all’allattamento al seno e alla possibilità di assumere farmaci in gravidanza. Nelle chat c’è chi segnala i consultori più vicini, i servizi ostetrici a domicilio o i gruppi di consulenti allattamento. Altre tematiche molto sentite sono i disturbi del sonno dei bambini, la conciliazione di lavoro e famiglia, il baby blues e la depressione post partum. Al riguardo, le mamme hanno la possibilità di inviare un post anonimo se vogliono tenere nascosta la propria identità. Un’opportunità importante, a mio parere, perché a volte si ha bisogno di lanciare un grido d’aiuto, ad esempio dopo l’ennesima notte passata in bianco quando si è stravolte dalla stanchezza. Oggi c’è un’idea diffusa della maternità come di un’esperienza bellissima in cui la mamma debba essere sempre felice di accudire il suo bambino. Questo può acuire il senso di inadeguatezza in chi si trova ad affrontare un momento critico. Potersi confrontare con altre donne può aiutare a ridimensionare il problema, a sentirsi meno sole. E, quando serve, ad avere un consiglio riguardo alle associazioni da contattare che si occupano di depressione post partum. Le donne amano raccontare la loro esperienza riguardo al parto? A molte piace, ma in genere lo fanno in risposta al post di altre. Il più delle volte si tratta di racconti che mirano a rassicurare chi deve ancora affrontare l’evento. In questo, le mamme sono molto generose e tendono a essere solidali tra loro perché, essendoci già passate, sanno quanto sia importante avere il sostegno di qualcuno.

Ovviamente c’è anche chi riporta esperienze negative, ma io credo che queste dipendano molto dalle dinamiche interpersonali che si creano durante il ricovero. Se c’è poco feeling con la persona che ti segue, puoi anche essere nel Paradiso degli ospedali, ma la percezione che avrai di quel momento ne sarà inevitabilmente influenzata. Per quanto mi riguarda, ho dei buoni ricordi e ho molta stima del lavoro delle ostetriche, che non credo essere per nulla facile. Avere a che fare con le partorienti è complicato perché dopo ore di travaglio, sfido chiunque a non perdere un po’ di lucidità! Il fatto, poi, è che la professionalità di chi opera negli ambienti ospedalieri la cogli soprattutto quando sorge un problema. Se il parto procede senza intoppi, sei più portata a notare le piccole cose che non vanno. Quando, invece, si verifica una complicazione anche minima e vedi l’équipe intervenire prontamente ti rendi conto di essere al posto giusto. Allora le aspettative che avevi riguardo al parto passano un po’ in secondo piano e desideri solo che il tuo bambino stia bene.

Di seguito l’intervista a Luigi Frigerio, primario di Ostetricia e Ginecologia dell’ospedale “Papa Giovanni XXIII” di Bergamo:

Perché, in assenza di indicazioni al cesareo, è meglio optare per il parto naturale? Innanzitutto perché il taglio cesareo è una procedura chirurgica in piena regola non scevra da rischi sia per la mamma che per il bambino. Nella stragrande maggioranza dei casi non comporta conseguenze, ma non si può escludere che durante l’operazione si verifichino complicanze chirurgiche, emorragiche, trombo-emboliche, infettive o legate all’anestesia locale o totale. L’intervento, inoltre, può aumentare i rischi di rottura dell’utero e di errori della placentazione nelle gravidanze successive. O, ancora, può portare alla formazione di aderenze e causare dolore pelvico cronico. Quanto al bambino, l’intervento lo espone a un aumentato rischio di complicanze respiratorie, essendo privato della spremitura polmonare che avviene durante il passaggio nel canale del parto. Nascere con un taglio cesareo anziché per via vaginale, inoltre, comporta differenze nella composizione del microbiota: l’insieme di batteri che colonizzano l’intestino, che possono incidere sulla maturazione del sistema immunitario e predisporre a malattie autoimmuni. Quando l’intervento è assolutamente indispensabile? Esistono delle indicazioni assolute al cesareo: ad esempio, nei casi di placenta previa, di presentazione anomala del feto, di bacino materno stretto, di bambino eccessivamente grosso, in presenza di gravi malattie materne o di un fibroma previo. E poi, in tutte le situazioni di emergenza: nei casi di sofferenza fetale, di distacco di placenta, di anomalie del collo dell’utero, di sanguinamento di una placenta previa o di complicanze di una gestosi. In che modo all’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo riuscite a mantenere una bassa percentuale di cesarei? Ci riusciamo mediante protocolli condivisi e una grande attenzione nell’evitare interventi inutili e potenzialmente dannosi. Quello in corso è il 18° anno che, con piccole oscillazioni, ci manteniamo sulla stessa percentuale: la costanza del dato dimostra che l’organizzazione funziona. Il risultato è stato raggiunto nonostante la struttura rappresenti un punto di riferimento per le gravidanze a rischio: qui approdano, infatti, le donne che soffrono di diabete gestazionale, ipertensione, distiroidismi, quelle che hanno scelto la via delle procreazione medicalmente assistita o che hanno optato per l’ovodonazione all’estero.

Nonostante tutta questa complessità, riusciamo a restare nei limiti suggeriti dalle autorità sanitarie nazionali e internazionali offrendo buone garanzie di sicurezza sia per la mamma che per il nascituro. Ciò è reso possibile dalle dotazioni all’avanguardia, che consentono di intervenire efficacemente e tempestivamente in caso di emergenza, ma anche dalla disponibilità della partoanalgesia 24 ore su 24, che rappresenta un buon deterrente contro il cesareo senza indicazione medica. Un altro elemento che ha contribuito a limitare il numero di interventi è l’opportunità che viene offerta alle donne di eseguire manovre di rivolgimento sotto guida ecografica in caso di feto podalico (eventualità nella quale il cesareo è d’obbligo). Queste manovre hanno un indice di successo intorno al 50%. Qual è la vostra politica in caso di pregresso cesareo? Alle donne precesarizzate proponiamo un parto di prova, ma solo se si verificano alcune condizioni, il che avviene in circa un terzo dei casi. La gravidanza deve aver avuto un decorso senza grossi intoppi e complicanze, non devono esserci fattori di rischio materni o fetali, la cicatrice sull’utero dovuta al precedente intervento dev’essere trasversale e non verticale, altrimenti il rischio di rottura è maggiore. Inoltre, non deve persistere il motivo per cui era stato eseguito il primo intervento, ad esempio un bacino materno stretto. L’ideale, poi, è che il travaglio inizi il più naturalmente possibile. In presenza di gemelli di cui il secondo podalico come procedete? C’è un’idea diffusa che, in questi casi, essendo già uscito un primo bambino, per il secondo sia più facile farsi strada. Non esistono, però, dati in letteratura che possano garantire una sicurezza sufficiente al riguardo. In America, questa eventualità non è considerata un’indicazione assoluta al taglio cesareo. D’altra parte, esiste un 2 – 4% di rischio di incarceramento della testa del bambino di cui bisogna tenere conto. Se si verifica, non si ha margine di manovra. Nella valutazione del rapporto rischi-benefici, quindi, in Italia si tende a preferire il cesareo al parto naturale. Quanto alle gravidanze gemellari, in un 85% dei casi si opta per il cesareo, in ragione della prematurità, della corionicità – quando cioè i gemelli condividono una sola placenta, situazione che comporta maggiori rischi – o della presentazione di uno dei due feti in posizione podalica. Solo in un 10-15% di gravidanze bigemine si procede con il parto naturale: quando i sacchi amniotici e le placente sono due e i gemelli si presentano in posizione cefalica, cioè con la testa rivolta verso il basso.

Come orientarsi nella scelta dell’ospedale in vista del parto? Il parto è un evento fisiologico ma biologicamente pericoloso. Quello che non succede in 24 ore può succedere in 24 secondi. In generale, se la gravidanza è fisiologica, ci si può affidare anche a strutture periferiche. Quando, però, emergono elementi di patologia a carico della donna o del nascituro è importante puntare su centri di secondo livello che dispongono di tutte le strumentazioni necessarie per fronteggiare le emergenze. Le strutture che eseguono meno di 500 parti all’anno, in base ai dati disponibili, effettuano in proporzione più tagli cesarei rispetto ai grandi centri. Cosa si dovrebbe fare per garantire la sicurezza? La valutazione rischi-benefici, in situazioni svantaggiate come queste, può giustificare un maggior numero di cesarei. Detto questo, l’ideale sarebbe accorpare i punti nascita che eseguono meno di 500 parti all’anno, offrendo servizi più ampi e maggiori garanzie alle donne che devono partorire. Certamente, vanno considerate alcune lodevoli eccezioni rappresentate da alcuni ospedali situati nelle valli o in montagna, con i quali la politica sanitaria deve inevitabilmente fare i conti.

 

BuenaOnda1080x230


allegro italia


eventi a napoli




Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *