Di seguito un comunicato diffuso dal sindacato Uilm:
“L’incontro di oggi al Mise non ha chiarito nessun aspetto sul futuro dell’ex Ilva. Il Ministero dello Sviluppo economico, Invitalia e gli altri Ministeri che sono intervenuti non ci hanno fornito nessun elemento concreto sull’ingresso pubblico dello Stato nella società con Arcelor Mittal, oltre che sul futuro piano industriale, ambientale, occupazionale. Lo Stato sembra brancolare nel buio mentre dovremo attendere almeno due settimane per la conclusione della due diligence per la valutazione economica dell’ingresso pubblico. Dopo ci sarà un confronto sulle prime ipotesi tra Governo e multinazionale. Non c’è tempo da perdere! L’ex Ilva è una polveriera, si rischia un disastro ambientale, occupazionale ed economico”. Lo dichiarano Guglielmo Gambardella, Coordinatore nazionale Uilm per la siderurgia, e Antonio Talò, Segretario Uilm Taranto.
“Si rischia di arrivare al 30 novembre, con ArcelorMittal che paga una penale irrisoria e va via, lasciando solo macerie” sottolineano Gambardella e Talò.
“Il Mise ha dichiarato che l’accordo sindacale è vincolante per il nuovo contratto firmato il 4 marzo scorso tra Governo e ArcelorMittal, che però è già stato dichiarato superato da Morselli nel giugno scorso quando presentò nuovo piano con 5 mila esuberi – aggiungono – Quindi di quale piano stiamo parlando? Esiste un piano B in caso di addio di ArcelorMittal?”.
“Ad oggi non si capisce su quali basi possa essere avviato un confronto sul futuro dell’ex Ilva – concludono – perché non abbiamo nessun elemento nè industriale, nè ambientale e nemmeno occupazionale. Si continua a perdere tempo mentre la situazione della sicurezza nel sito di Taranto è sempre più preoccupante”.
Di seguito un comunicato diffuso dal sindacato Usb:
Nulla di concreto viene comunicato alle organizzazioni sindacali nell’incontro tenuto nel pomeriggio nella capitale, esattamente negli uffici di via Sallustiana del Ministero dello Sviluppo Economico. Il professor Ernesto Somma, Responsabile Incentivi e Innovazione di Invitalia, ha chiaramente detto che non è al momento nelle condizioni di illustrare i particolari della proposta che verrà presentata entro due settimane. Siamo fortemente delusi, abbiamo detto chiaramente ai rappresentanti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, del Ministero dello Sviluppo Economico, del Ministero del Lavoro e del Ministero dell’Ambiente, che riteniamo urgente una discussione su temi come il riconoscimento dell’esposizione all’amianto, il lavoro usurante, l’integrazione salariale per tutti i cassintegrati, l’introduzione di incentivi seri alla fuoriuscita volontaria, tutela dell’occupazione, la questione appalto e quella relativa a Ilva in AS, nonché tante altre questioni che ripetiamo ormai da tanto tempo. Abbiamo inoltre rappresentato ai tecnici la difficoltà di intraprendere una discussione seria quando si è all’oscuro di quello che si sta decidendo.
Gli ultimi due anni hanno prodotto risultati catastrofici con riferimento sia alla situazione dei lavoratori che allo stato degli impianti. Ribadiamo all’infinito i moltissimi motivi per i quali chiediamo l’immediato allontanamento del gruppo franco-indiano da Taranto. Condotta antisindacale (condanna ex art.28 Statuto dei Lavoratori), assenza di investimenti sulla manutenzione degli impianti e quindi sulla sicurezza (la fabbrica è ridotta a un colabrodo e va fermata), licenziamenti facili, ricorso continuo alla cassa integrazione anche in un momento in cui il mercato dell’acciaio (in ripresa) non lo giustificherebbe, arretrati nei pagamenti e atteggiamento discriminatorio nei confronti di alcune aziende dell’appalto.
La riapertura del confronto su tavoli istituzionali da un lato ed il reinserimento a lavoro di circa 200 lavoratori non bastano, e non ci inducono a sperare che Arcelor Mittal possa invertire la marcia e trasformarsi in un gestore serio ed affidabile. Far tornare in azienda alcuni dipendenti ha tutto il sapore del contentino, l’ostinarsi a cercare un dialogo con la multinazionale una perdita di tempo.
Quindi il gruppo franco-indiano va immediatamente allontanato. Poi sarà compito del Governo avviare una vera riconversione economica del territorio.
Il tempo è ormai scaduto, ragion per cui Usb Taranto proclama lo sciopero di 24 h con presidio davanti alla portineria C della fabbrica a partire dalle 7.00 di venerdì 2 ottobre. La manifestazione coinvolgerà lavoratori diretti, dell’appalto e Ilva in A.S..
Previsto intanto per giovedì 1 ottobre un nuovo confronto, sempre in sede ministeriale.
Via Arcelor Mittal, si nazionalizzi la fabbrica e si avvii la riconversione economica.
Di seguito un comunicato diffuso dal sindacato Fim Cisl:
Si è tenuto oggi presso il parlamentino del Mise il primo tavolo tecnico sulla vertenza ArcelorMittal tra delegazioni Fim, Fiom, Uilm, Invitalia, Ministero del Lavoro e Ambiente in collegamento via web.
Al centro dell’incontro la definizione del percorso di approfondimento di dati e di informazioni.
Ancora troppi i nodi da sciogliere su questa vertenza che rappresenta il futuro di una città,dei lavoratori di Taranto e dei vari siti. Non smetteremo mai di ripetere che l’unico accordo a cui facciamo riferimento è quello sottoscritto il 6 settembre 2018.
Abbiamo chiesto di conoscere i contenuti dell’accordo del 4 marzo 2020 che abbiamo invece appreso da alcune notizie di stampa, così come ai lavoratori in AS deve essere garantita la continuità occupazionale.
I dipendenti Arcelor hanno una retribuzione di circa 800 euro mensili di ammortizzatori sociali,sono allo stremo e gli stessi non vogliono vivere di assistenzialismo, vogliono tornare a lavoro.
Sono comprensibili i problemi scaturiti dall’emergenza sanitaria da Covid-19, ma siamo anche consapevoli che ArcelorMittal si sia nascosta dietro questo pretesto. Il dottor Somma di Invitalia ci ha spiegato a grandi linee che nelle prossime due settimane si arriverà ad una proposta dopo una interlocuzione laboriosa.
A fronte di ciò gli abbiamo chiesto di accelerare. Viviamo una fase molto confusa, i lavoratori non ce la fanno più.
Abbiamo posto il problema degli impianti attualmente fermi (ad esempio i Tubifici, Afo5 e Acc1) visto che ancora oggi non è chiaro se presenti all’Interno del nuovo piano industriale e abbiamo ribadito le problematiche legate alla sicurezza che riguarda tutti i siti del gruppo,compreso quello di Taranto.
È difficile anche andare avanti senza conoscere se l’accordo del 4 marzo 2020 preveda gli stessi livelli occupazionali.
Il percorso lo si costruisce se ognuno farà la sua parte nel ruolo che rappresenta. Ma ancora oggi mancano ancora pezzi fondamentali dell’accordo del 4 marzo e questo genera incomprensioni.
Bisogna fare in modo che queste riunioni siano opportunità per trovare dei punti di connessione tra le esigenze specifiche, in primis sostenibilità ambientale, occupazionale e sociale. Novembre è vicino e noi abbiamo bisogno di chiarezza,certezza e concretezza. Cosi come il tema delle aziende dell’appalto che deve continuare ad essere trattato con attenzione.
È più che mai necessario accelerare il confronto, per poter superare in tempo utile ogni ostacolo. Taranto e il suo territorio non può permettersi ancora ammortizzatori sociali. Bisogna fare in fretta per garantire a tutti la salvaguardia della salute, dell’ambiente e del lavoro.