Eletto da poche settimane, il presidente della federcalcio ha guidato la federazione alla scelta difficile di fine anno. Ma il presidente nativo di Castellaneta non ha disposto lo stop dei campionati. Si gioca lo stesso. Si va in campo in serie A, oggi, dopo la vergogna nei confronti di Koulibaly e dopo un morto a margine di scontri provocati da ultras fascisti (l’Inter ha opportunamente preso le distanze da quella gentaglia) all’esterno dello stadio San Siro. Annuncia rigore, Gravina. Assisteremo, verosimilmente, a qualche partita che verrà sospesa, in caso di cori razzisti. Ma non era meglio bloccare il calcio? Perché, si badi bene, quella di oggi, terza partita in una settimana di calcio che così come è sta diventando un’asfissia nei confronti dei tifosi, è una giornata in cui il pallone ci è entrato poco o niente, nonostante vi siano incontri di grande richiamo tecnico, su tutti il confronto fra la Sampdoria e la Juventus. Il calcio così com’è piace sempre meno, il pallone rischia di diventare un incidente di percorso fra mercato, chiacchiere, atteggiamenti violenti. Non è ciò che i tifosi veri vogliono. Dopo oggi arriva una pausa di tre settimane. Che saranno di mercato. Altre chiacchiere, altre nevrosi. Altro che pausa. Un segnale, per tutelare il calcio, per tutelare il pallone, andava dato. Gravina non lo ha dato.