Di Franco Presicci:
Non si può dimenticare Nunzio Schema: l’editore di Fasano che aveva uffici e tipografia in via Della Stazione. Dalla sua finestra poteva ascoltare il fischio del treno che andava e veniva da Milano. Qualche volta quella locomotiva ha tirato il vagone in cui era seduto anche lui, diretto a Pavia, dove ha lasciato un segno incancellabile. Nunzio era un gentiluomo che dialogava con grande rispetto dell’interlocutore. Sapeva raccontarsi tenendo sempre sveglia l’attenzione di chi l’ascoltava. La sua storia era affascinante: quella di un imprenditore librario che ha fatto tanto e bene. E sta per essere celebrato nella sua cttà come “il ragazzo che amava leggere i libri”
Ricorrono cento anni dalla sua nascita; e sicuramente numerose persone accorreranno da altri angoli della Puglia per assistere anche alla “pièce” a lui dedicata. Edificante rispolverare la vita e le opere di Schena; ed evocare le tante personalità che andarono a fargli visita nella sua città collocata fra il mare e la collina, nella sua Grafischena a un tiro di schioppo da un ulivo saraceno così antico da essere piegato come la schiena di un vecchio bracciante. Nell’elenco, spiccano i nomi di Giovanni Spadolini – la cui biografia comprende incarichi di ministro e di presidente del Consiglio e quelli di direttore prima del “Resto Del Carlino” di Bologna, poi del “Corriere della Sera” – e il Dalai Lama. Durante l’incontro con Schdena Spadolini disse che “essere qui a Fasano, da un editore del Mezzogiorno, Nunzio Schena, che ha il coraggio di alimentare la pianta della cultura al di là della convenienza economica, che è impegnato in tante imprese anche appoggiato dalle Università della Puglia, compresa quella di Bari, è per me motivo di soddisfazione e di orgoglio”.
Tanti anni fa ebbi il piacere d’intervistarlo, Schena, alla presenza della figlia Angela, di Vinicio Aquaro, che scrive sulle pagine della “Gazzetta del Mezzogiorno”, e dell’assessore milanese Siro Brondoni. L’editore era un uomo spiritoso e lo dimostrò anche in quel colloquio, dicendomi che era del ‘25, ma non poteva morire “perché mi riferiscono che all’inferno hanno fatto il pieno”. Angela, manager dell’azienda, che stava in piedi di fianco a lui, aprì un sorriso dolce e divertito. Era evidentemente orgogliosa di quel padre generoso, ospitale, intelligente, affabile, grande lavoratore, oltre che ricco di idee. Lo conoscevano tutti, non soltanto in Puglia, ma anche al Nord, nella città della Certosa, del Castello Visconteo, del ponte coperto: Pavia.
Mi appassionava la vicenda di quest’uomo, che per costruire il suo opificio aveva lavorato 12 ore al giorno. Mi colpiva la passione, la tenacia con cui aveva raggiunto il luminoso traguardo, che avevo in parte sotto gli occhi. Schena non era stato bene, ma aveva accettato ugualmente d’incontrarmi. Amava parlare con voce bassa, senza retorica, senza termini superflui. Sapevo che non gradiva le domande che rasentavano il pettegolezzo e quelle inutili, banali. Se costretto, si manteneva sul vago, tagliava le frasi, fingeva: “La mia memoria fa cilecca”. Un’intervista può anche essere un duello, ma con argomenti sostanziosi, costruttivi, in modo che chi ha in mano il taccuino e chi ascolta si sentano arricchiti.
Tommaso Fiore lo avrebbe definito un “formicone di Puglia”, che ricevette elogi anche da Papa Giovanni Paolo II, che aveva espresso il desiderio di conoscerlo. Grande Nunzio: ha davvero dato lustro alla sua città, alla nostra Puglia. E’ stato sempre puntuale, tempestivo. Nel ‘90, per la visita del Papa a Taranto – mi riferì l’avvocato Greco – pubblicò il libro “Una vela di speranza”. E il Santo Padre lo invitò in Vaticano e l’abbraccio, dicendogli: “Da quando giro il mondo tutti sfornano libri, il tuo è il più bello”. Che soddisfazione! Che gioia! Vero Nunzio?
I volumi usciti dalla Grafischena non erano, e non sono, soltanto interessanti, ma anche ben curati, eleganti, con copertine ammirevoli, in cui c’era lo zampino del cognato, che, partito da Benevento e approdato a Fasano, nella tipografia di Nunzio ebbe il colpo di fulmine: “Addio al lavoro di ragioniere, scelgo quello di grafico in quest’azienda” che ha il sacrificio nelle radici.
Quando scendevo in Puglia per bere l’aria pura e ristoratrice di Martina Franca e assaporare il profumo del Mar Piccolo a Taranto, ascoltando il dialetto dalle labbra screpolate dei pescatori, trovavo sempre qualcuno che mi parlava di Nunzio Schena. In una delle mie solite corse a Crispiano, un giorno, conversando sulla ricchezza di testi, molti di Schena, della Biblioteca “C. Natale, il direttore Michele Annese, che era contemporaneamente segretario generale della Comunità Montana, mostrandomi un’opera piena di immagini di Santi, commentò, sfogliandola, che Nunzio era un editore illuminato, di grande professionalità. “In occasione dell’inaugurazione del nostro Centro Studi Montaliani – aggiunse – Schena pubblicò un testo di Giuseppe Milano sul Premio Nobel autore di “Ossi di seppia”. E deragliando ricordo che dopo tanti anni dalla morte del padre la figlia Angela ha pubblicato, nel 2020, “La Biblioteca di Crispiano”, opera dello stesso Annese, contenente documenti, testimonianze, foto di un’esperienza di promozione culturale, sociale e turistica del territorio. Un lavoro, alla scrivania e in tipografia, notevole.
Altri giudizi raccolsi a Martina Franca, dove Franco Carrozzo, allora comandante dei vigili urbani, autore di un libro sulla polizia locale, esaltò l’impegno, lo zelo, l’accuratezza, la sensibilità dell’editore Schena e il suo gusto grafico. Ascoltai anche Vinicio Aquaro, presidente nazionale del Premio Valle d’Itria e, ripeto, collaboratore de “La Gazzetta del Mezzogiorno”. Lo conoscevo da anni, Vinicio, e sapevo che diceva pane al pane e vino al vino. “Nunzio Schena è stato un anticipatore, non ha mai guardato ai soldi ma al prodotto. E’ nato editore, non lo ha deciso in corso d’opera. Tra l’altro ha curato con passione e maestria ‘Lo scudo’, il primo periodico pugliese, e le opere di Alfredo De Marsico (1888-1985), principe del foro, dominatore della parola e ministro che lo apprezzava tantissimo”. Per la cronaca, nei salotti di Napoli all’epoca le signore amavano passare il tempo leggendo e interpretare le arringhe dell’oratore napoletano, che non apprezzava; e non ne faceva mistero.
Nunzio Schema già ragazzo rileggeva libri. Con il passar del tempo cominciò a prendere dimestichezza con gli strumenti topografici nello stabilimento di Callisto De Robertis a Putignano. E confeziona due giornali: uno, “Il seggio”, ricavava il nome da un’antica piazza di Fasano. Spenti i bagliori della guerra, a Milano frequentò la tipografia dell’Opera di don Guanella, dove si guadagnò la simpatia, la stima e l’affetto di tutti al punto che fecero di tutto per non lasciarlo andare. Ma lui pensava a un impianto tutto suo. E per realizzare il sogno fece il rappresentante di cartiere, tra cui la Cressati di Noci. Ma ci andava soprattuttom per osservare, studiare, impossessarsi dei metodi che ispiravano il lavoro nelle tipografie.
Schena è noto anche per le sue decisioni-lampo, per il rispetto dei tempi. Era il 1983 quando stampò “Gli studi di cultura francese e europea” in onore di Lorenza Maranini. La richiesta era arrivata dall’Università di Pavia. L’ateneo elogiò la tempestività e concesse a Schena la laurea “honoris causa” in Lettere e organizzò una mostra del libro su Garibaldi. Successo meritatissimo per Schena: materializzando gli “Studi” a tempo di record, aveva onorato la sua parola: l’Università aveva fretta e case editrici più famose si erano tirate indietro. Non se l’erano sentita di consegnare il prodotto in un mese e Schena lo fece in 25 giorni.
Quanta strada, quanta polvere mandata giù. E quante chicche nel suo “curriculum”. Eccone una: nei primi tempi, per andare da Fasano a Putignano in sella a un trabiccolo, lungo la strada si agganciava a un bugno del pullman di linea, superava il mezzo a Laureto, lo anticipava a Locorotondo, proseguiva per Alberobello, quindi per Putignano, per fare il giornale.
Oltre che volenteroso era geniale. Tra l’altro era stato lui a dare il nome al Premio della Fondazione Nuove Proposte Culturali, che si svolse più volte anche a Milano al Circolo della Stampa (un’edizione fu assegnata ad Emilio Pozzi, giornalista della Rai, esperto di teatro e autore di libri sull’argomento).
Nunzio Schena ha mietuto, oltre a tanti consensi, anche onorificenze: nell’87 il governo francese lo nominò “chevalier dans l’ordre des artistes e des lettres; nell’88 il capo dello Stato gli conferisce il titolo di grand’ufficiale al merito della Repubblica italiana… Sempre nell’88 e oltre la Grafischena partecipò alla Buchmesse di Francoforte e al Salone del libro di Torino. Alcuni suoi volumi venivano presentati alla Terrazza Martini, in piazza Diaz, a Milanod, a pochi passi dalle guglie del Duomo.
Fu un piacere per me incontrare quest’uomo che, ripeto, fu lodato anche dal Dalai Lama, che nel ‘90 gli volle donare la sciarpa di lino, segno di eterna amicizia. Aveva pubblicato fra le sue migliaia di libri “Tibet in fiamme”, con intervista esclusiva al capo supremo della religione lamaistica e già capo teocratico del vasto altopiano dell’Asia Centrale.
Si fece mezzogiorno e Nunzio si alzò in piedi e mi sussurrò: “Diamoci del tu, è più semplice”. “Onorato, Nunzio”. Ora “il ragazzo che amava i libri” nel centenario della sua nascita viene ricordato con alcune manifestazioni a Fasano. Mi associo al ricordo, pensando che Nunzio Schena fondò la casa editrice nel ‘63, dopo aver eretto lo stabilimento tipografico nel ‘47. Sia gloria a Nunzio Schema.