Di Franco Muolo:
La palma e il pino, di questi tempi, sembrano avere un comune destino. La loro estinzione. In un mondo, tecnologicamente avanzato non hanno più spazio vitale, e la loro duplice funzione di abbellimento e di contribuzione alla salubrità dell’aria delle nostre città non avrà alcuna possibilità di essere esercitata. Il destino è comune ma le ragioni, più o meno giustificate, sono diverse. La palma è attaccata dal punteruolo rosso che la fa disseccare, e anche dalla ormai crescente pubblicitá negativa all’olio ricavato dai suoi frutti. Il pino invece ha il solo torto di avere alcune sue radici esuberanti che fanno rigonfiare il manto superficiale bituminoso e sollevare i cordoni calcarei dei marciapiedi, specialmente delle strade urbane. Ormai insorgono tutti, cittadini al passeggio e automobilisti frettolosi, nel voler decretare la loro triste sorte, giacchè la fame di modernitá demenziale la fa da padrone. Grandi archistar e modesti tecnici comunale sono alla mercè di questa sfrenata ricerca di modernità per il solo torto di aver individuato una soluzione verde che contribuisse alla vivibilità ambientale dei centri edificati. Per la palma si può fare un esempio positivo indicando il bellissimo lungomare di Mola di Bari ideato dall’architetto catalano Oriol Bohigas. Per il pino, la città simbolo del suo abbattimento indiscriminato è sicuramente la mia città, Monopoli. Come stà succedendo per l’ulivo secolare del Salento, la causa dell’infausto destino di tutte quante le rigogliose essenze arboree del nostro pur invidiato territorio credo sia da ricercarsi nell’assoluta mancanza di lavori di manutenzione ordinaria delle strade urbane da parte delle amministrazioni comunali interessate, piuttosto che dalle abbandonate buone pratiche di coltivazioni agricole. A lungo andare le città diventano, sì, tecnologicamente avanzate, ma muoiono umanamente.
(foto: pineta di Monopoli, fonte pugliain.net)