Di seguito un comunicato diffuso dalla Guardia di finanza:
Questa mattina, i finanzieri del Comando Provinciale di Barletta hanno eseguito un’ordinanza di applicazione di
misura cautelare personale e reale emessa dal Tribunale di Trani su richiesta della Procura di Trani (gruppo
specializzato in materia di reati tributari, fallimentari e societari) nei confronti di cinque persone indagate per
associazione a delinquere finalizzata alla commissione di reati tributari e riciclaggio ed autoriciclaggio, nonché
per reati tributari e fallimentari, procedendo altresì al sequestro di denaro, beni mobili, immobili, quote
societarie, nonché di un intero compendio aziendale, per un valore complessivo di oltre 355 milioni di euro.
Al termine di complesse e prolungate indagini condotte dagli investigatori del Nucleo di Polizia Economico-
Finanziaria della città di Eraclio, sotto la direzione e il coordinamento della Procura della Repubblica di Trani,
sono state acclarate gravissime condotte fiscalmente fraudolente nella gestione di una nota società per azioni di
Barletta, operante nella cosmesi e nella commercializzazione on line mediante il sistema c.d. “multilevel
marketing”, struttura societaria piramidale nella quale i gradi apicali ottengono ricavi generati dal lavoro di terzi,
c.d. downline.
L’attività investigativa, corroborata anche da mirate attività tecniche, ha dapprima fatto emergere un meccanismo
illecito finalizzato alla lievitazione dei costi della società strumentale all’ artificioso abbattimento dell’utile di
esercizio e la conseguente inferiore liquidazione dell’imposta sul reddito e dell’Imposta sul valore aggiunto,
mediante l’esposizione di credi-ti IVA inesistenti.
Successivamente, è stato altresì acclarato che gli indagati, coadiuvati da un professionista, depositario della
contabilità aziendale e ritenuto il deus ex machina dell’articolato meccanismo fraudolento, apparentemente
rispettoso delle disposizioni fiscali, avevano implementa-to, sin dal 2017, un più complesso sistema illecito
occulto in base al quale la società per azioni contabilizzava i costi connessi alle provvigioni di vendita fatturate
dai principali indagati mediante l’emissione di documenti fiscali oggettivamente inesistenti. Fittiziamente
qualificati come venditori “porta a porta”, essi godevano di un regime fiscale particolarmente agevolato, se si
considera che la tassazione IRPEF era calcolata con l’applicazione di ali-quota di fatto pari al 18%, decisamente
inferiore persino all’aliquota più bassa (23%) applicata alle persone fisiche con redditi fino a 28mila euro.
In tal guisa, il meccanismo illecito ideato consentiva ai componenti della consorteria criminale l’ottenimento di
un duplice vantaggio fiscale, consistente, da un lato, in una tassazione irrisoria della mole delle vendite realizzate
(il volume d’affari della società è pari a 60 milio-ni di euro), e, d’altro canto, nell’abbattimento quasi totale della
base imponibile, mediante la creazione fittizia di ingentissimi costi in capo alla società, così da costituire di fatto
un drenaggio di ricchezza sottratta alla tassazione Ires.
Nel caso di specie, i soggetti indagati avevano creato una struttura dotata “di una sostanziale stabile
organizzazione sistematicamente preordinata alla perpetrazione di condotte delittuose, da non potersi meramente
considerare come estrinsecazione di occasionali accordi ma vere e proprie azioni di reità poste in essere in
maniera costante ed omogenea, oltre che ripetuta nel tempo.
Del tutto sintomatica è risultata, ai fini della sussistenza del più grave reato di associazione per delinquere “la
spregiudicatezza” con cui non soltanto i sodali “…ponevano in essere deliberatamente i fatti in contestazione ma
…con cui con altrettanta quasi disarmante naturalezza disquisivano di tali fatti “. Le attività di intercettazione
delle conversazioni in capo ad essi hanno fatto “evincere in modo assolutamente chiaro la sussistenza di un piano
criminoso ben organizzato e collauda-to nel tempo, anche con prospettive rivolte al futuro”.
Ai fini della quantificazione del valore del maxi-sequestro è stata contestata all’impresa l’ipotesi di
responsabilità amministrativa dell’ente, che prevede sia sanzioni pecuniarie che interdittive e di confisca,
quest’ultima parametrata al profitto illecito ottenuto.
Numerosi sono i beni di lusso, le disponibilità finanziarie e gli immobili acquisiti con la ricchezza prodotta e
illecitamente sottratta al prelievo erariale.
E’ doveroso precisare che per gli indagati vige il principio di non colpevolezza fino ad eventuale condanna
definitiva.
I provvedimenti adottati nel corso delle indagini sono non definitivi: i fatti indicati dovranno essere provati nel
corso del processo grazie anche al contributo della difesa.
L’attività investigativa condotta dalle Fiamme Gialle della BAT, da sempre accanto alle imprese oneste,
conferma l’alto valore strategico della sinergia con l’Autorità Giudiziaria di Trani, che coordina le indagini, a
contrasto dell’evasione fiscale connotata anche con le modalità sopra descritte: si tratta di un pernicioso
fenomeno sociale che distorce la leale concorrenza, compromette il rapporto di fiducia tra cittadini e Istituzioni
pubbliche per la forte iniquità generata dalla sottrazione della ricchezza prodotta che dovrebbe essere
redistribuita in ossequio ai principi della Costituzione, per la costruzione di un sistema sociale più equo e
competitivo sui mercati internazionali.