Di Nino Sangerardi:
“Il progetto TAP (trans adriatic pipeline, ndr) incluso nella rete italiana dei gasdotti”.
E’ quanto si legge nel decreto emanato dal Ministero dello Sviluppo Economico, che aggiorna al 1° gennaio 2016 la consistenza dell’infrastruttura nazionale. Il provvedimento tiene conto della richiesta inviata dalla società Snam rete gas il 30 luglio scorso.
L’iniziativa “Interconnessione TAP” ha per oggetto le reti trasporto gas naturale di Italia, Albania e Grecia. Cinquecentocinque chilometri, di cui 115 tra Italia e Albania, 42 ricadenti nel mare e 15 in terraferma italica.
Una bretella, di 50 chilometri, collegherà il terminale di ricezione del gasdotto transadriatico a Melendugno (Lecce) con la rete di dislocazione proprietà di Snam rete gas. Quest’ultima ha appaltato a Techfem spa di Fano la progettazione e studio di impatto ambientale del raccordo.
Nel frattempo la Regione Puglia, tramite il Servizio ecologia, solleva due obiezioni in merito al programma ideato da TAP AG.
Ecco : a) la mancanza del progetto esecutivo dell’intera opera , b) il passaggio della condotta sui terreni già soggetti a incendi che, stante la Legge n.353/2000, non possono cambiare destinazione d’uso.
TAP AG controbatte affermando che il progetto esecutivo è stato semplicemente frazionato in lotti, e nessun terreno oggetto di incendi coinvolto nella realizzazione del gasdotto cambierà destinazione d’uso.
Il gasdotto nasce in Azerbaijan, passa attraverso Grecia, Albania, il mare adriatico e sbarca in Salento, lungo la costa San Foca marina di Melendugno.
Investimento pari a 40 miliardi di euro, 800 chilometri di metanodotto, dieci miliardi di metri cubi di gas da trasportare ogni anno.
Inizio lavori previsto a maggio 2016. Gli azionisti di TAP AG sono BP e Socar e Statoil con il 20%, Fluxys 19%, Enagas 16% e Axpo 5%. La sede legale a Baar, Svizzera, uffici operativi in Roma, Atene, Tirana, Lecce.
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Ieri abbiamo dato notizia dell’appalto affidato ad un’azienda tedesca per costruire i tubi d’acciaio per 270 chilometri del gasdotto Tap che approderà, secondo i programmi, in Salento a conclusione del percorso dall’Azerbaijan. Il presidente della Regione Puglia, a proposito del gasdotto, aveva parlato, per esprimere la contrarietà della Regione, di un “tubo sotto il sedere” dei pugliesi e almeno la costruzione dell’impianto in acciaio di quel tubo, poteva essere italiana. Invece no. Con l’Ilva di Taranto che è in difficoltà estrema, il governo italiano innanzitutto, che l’Ilva ha commissariato, non ha fatto nulla, o non ha saputo fare nulla, perché quella commessa da 170mila tonnellate di acciaio non venisse persa dal siderurgico più grande (e più bisognoso, in questo momento) d’Europa. Che fra l’altro, è proprio dietro l’angolo, rispetto all’ultimo tratto del gasdotto. Il governo italiano ha saputo non tenere conto della volontà di molti pugliesi, decidendo l’approdo a San Foca, e al momento di adoperarsi per un’importante commessa per il territorio, ha fallito. Del resto, l’Ilva è sostanzialmente fuori mercato, visto che sono gli stessi italiani di Federacciai e la Confindustria a chiedere, di continuo, la fine della gestione commissariale e una vera gestione industriale. Intanto, questa importante occasione è persa. E il ministro Guidi, a fine settembre, il massimo che seppe dire fu di un’esclusione dell’Ilva dall’appalto, per ragioni tecniche. Cioè, quel mostro che si trova a Taranto non è tecnicamente in grado di produrre quei tubi. Dopo decenni in cui ha dato tubi a tutto il mondo. Michele Emiliano ha sbagliato a formulare la sua affermazione, dato il (fortuito) combinato disposto problemi ambientali-mancata commessa legato a Tap: quel tubo non è sotto, il sedere dei pugliesi. (Agostino Quero)