Di seguito un comunicato diffuso dal parlamentare Nicola Ciracì (foto home page):
«La sentenza del giudice italiano dev’essere eseguita». Lo sostiene con forza l’On. Nicola Ciracì (Direzione Italia) che ha presentato un’interrogazione parlamentare per conoscere le intenzioni dei Ministeri della Giustizia e degli Esteri riguardo il caso di A.G.B., il bambino di tre anni sottratto alla famiglia dalla madre e condotto nel suo Paese d’origine: il Kazakistan.
Il 16 febbraio scorso, a seguito della denuncia del padre, la donna è stata condannata dal Tribunale di Brindisi a due anni di reclusione (senza condizionale) con sospensione della potestà genitoriale per sottrazione di minore e trattenimento all’estero.
I fatti risalgono all’ottobre 2015, quando la 35enne kazaka – sposata con un italiano e fino ad allora residente a Brindisi – partì e si portò con sé il piccolo a Taraz (città natale sua e del figlio).
Oggi, il bambino non vive neppure con la madre, che lavora a 2.600 chilometri di distanza da lui e l’ha affidato a terze persone. Secondo il padre, che ha avuto con lui sporadici contatti, non godrebbe né della dovuta assistenza né di un adeguato sostegno, tanto da cominciare a mostrare atteggiamenti preoccupanti (autolesionistici).
Nonostante la pronuncia del magistrato italiano sia passata in giudicato lo scorso 2 marzo, da allora nulla è cambiato.
Nel frattempo, anzi, su istanza della donna, la Corte di Taraz ha decretato la sua separazione dal marito (contumace) e il contestuale affido a lei del figlio.
Nel novembre 2016, il provvedimento è stato però impugnato dai legali dell’uomo per palese violazione del diritto di difesa. Il ricorso è stato accolto e la separazione risulta annullata, in attesa di un altro giudizio dinanzi alla Corte kazaka che, nel pieno contradditorio tra le parti, dovrà pronunciarsi sull’affidamento del minore tenendo anche conto dei contenuti della sentenza italiana.
Nei giorni passati, pure il Movimento nazionale per l’Infanzia, dietro impulso di quello pugliese, ha scritto al presidente del Consiglio dei Ministri e allo stesso ministro della Giustizia invocando un celere intervento delle istituzioni per consentire al bimbo di rientrare a Brindisi, di riabbracciare suo padre e, soprattutto, di riacquistare la serenità che merita.
«Si tratta di una situazione gravissima – tuona Ciracì – e lo Stato italiano deve fare in modo di porvi rimedio quanto prima, perciò ho deciso d’interrogare i ministri della Giustizia e degli Esteri per sapere se si siano attivati per dare esecuzione alla sentenza del Tribunale di Brindisi: un ritardo potrebbe essere estremamente pregiudizievole».
Spero che questo padre vinca la sua battaglia ma spero anche che non impedisca mai alla madre di avere un rapporto con il figlio,è pur sempre sua madre.Forse bisognerebbe ponderare meglio la decisione di procreare con un partner di altra nazionalità,si prendono queste decisioni con troppa leggerezza alle volte.