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Elezioni comunali 2017: Puglia ma non solo, l’informazione e un lavoro poco libero causa crisi Dopolavoristi, quando può essere anche concorrenza sleale: l'Ordine dei giornalisti sia più vigile, i committenti pure

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Terminata poche ore fa la campagna elettorale, va fatto un bilancio. Dell’incredibile evoluzione della vicenda a Martina Franca si è detto e ridetto, in tutta Italia. Del fatto che per Taranto e Lecce, fra le 22 città capoluogo chiamate ai ballottaggi domani, sia una cosa di chiara importanza, si è pure detto, soprattutto per la città ionica a un bivio esistenziale, per il suo futuro.

No, qui va fatto un altro tipo di bilancio. Riguarda l’informazione.

La vicenda elettorale, forse mai come stavolta, ha messo in evidenza in varie località, come sia difficile svolgere in maniera libera il lavoro del giornalista. In un settore assolutamente asfittico, i pochi soldi che circolano vengono profusi in quantità, proprio, durante la campagna elettorale e così capita di scrivere per un giornale ed essere l’addetto stampa di un candidato, o di un movimento in lizza. Per mettere su qualche soldino, molto spesso: mica per altro. L’Ordine dei giornalisti conosce queste situazioni? Certo che le conosce ma all’atto pratico non succede mai niente, per risolvere questi problemi a tutela proprio di quei giornalisti malpagati nella quasi totalità della loro esistenza lavorativa. Le buone intenzioni ci sono pure ma è proprio un tunnel dal quale non si riesce a uscire. Anzi, si va sempre più verso la zona buia.

Il capitolo delle testate schierate, non formalmente ma nei fatti, è poi un capitolo corposo. Risente, anche in questo caso, delle situazioni di crisi e inevitabilmente, un’attenzione nei confronti di chi paga di più, c’è.  

C’è la categoria degli abusivi, naturalmente. Quelli che non hanno alcun titolo e fanno gli addetti stampa, togliendo lavoro ai giornalisti. C’è poi una categoria dell’informazione legata alla campagna elettorale (ma non solo alla campagna elettorale) che è forse la peggiore. Quella composta da chi, comodamente, prende il suo stipendio grazie a tutt’altro tipo di lavoro e poi, tornato a casa e fatta una doccetta, si dedica a scrivere comunicati, a realizzare video di manifestazioni dei candidati. Non di rado, lo fa gratis. Semplicemente perché può farlo, grazie a un tesserino di cui si è fatta troppo larga concessione (si pensa qui): della serie, siamo tutti giornalisti.

Questo giornale online è orgoglioso di avere chiarito a un movimento politico un concetto, con chiarezza: noi non pubblichiamo articoli su comunicati scritti dal tizio dopolavorista che esercita una autentica concorrenza sleale nei confronti di colleghi costretti, letteralmente in vari casi, a fare la fame. La solidarietà fra colleghi, caro dopolavorista (ma anche, non escluso, caro pensionato) dov’è? Con questi atteggiamenti melliflui, pur di esserci, togliendo a giornalisti disoccupati anche una minima possibilità di incamerare qualche soldino, dov’è la solidarietà fra colleghi sancita innanzitutto dalle norme riguardanti il lavoro giornalistico? Domanda posta da chi scrive, al quale si rivolgono tanti colleghi in cerca di un aiuto. Perché il lavoro scarseggia. Ed è doloroso dire non posso aiutarti.

Ecco, l’Ordine dei giornalisti, nei confronti di questa gente, che fa? Nei confronti di questa gente che, finito il lavoro di tutt’altro genere, ha il tempo, chissà, il sabato mattina, per concedersi di partecipare ai corsi di aggiornamento professionale mentre quanti giornalisti a tempo pieno non possono perché o fanno il giornalista sul campo, a ciclo continuo, o fanno il corso (e alla fine del triennio rischiano pure sanzioni, dunque). Questa gente che può permettersi di pagare l’iscrizione annua all’Ordine, spessissimo grazie allo stipendio dell’attività principale, e chissà quanti giornalisti, impegnati solo nel lavoro giornalistico, magari non hanno neppure i soldi per mettersi in regola. Ecco, che si fa per contrastare queste pratiche che nei fatti sono assolutamente deplorevoli? Al momento, nei fatti, poco. Si vive, ad esempio, un paradosso secondo cui chi fa il giornalista rischia di non essere in regola con l’istituzione perché non va al corso di formazione, e chi scrive per diporto avendo scelto un’altra professione, invece, è formalmente a posto con l’istituzione giornalistica.

Nel suo piccolo, chi scrive segnala a tutti i potenziali committenti in cui si imbatte, di avvalersi per gli uffici stampa, di colleghi impegnati nel lavoro giornalistico e non di comodi quanto scorretti dopolavoristi. Ovvero: l’Ordine faccia la sua parte, i committenti pure. E paghino.

Siamo tutti giornalisti, con quel tesserino. Ma questo è profondamente ingiusto.

(Oh, vai a vedere che ora mi sono creato problemi con gli organi istituzionali. Ma sì, ne vale la pena comunque. Viva la chiarezza, sempre. Anche perché… “Chiunque metta nelle condizioni una persona, non solo un lavoratore, di non essere libero ma di essere impaurito, attenta alla democrazia e noi in questo momento questa democrazia ce la dobbiamo sentire stretta”. Stefano Rodotà)

Agostino Quero


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