Si legga questo tweet, di ieri. Lo ha scritto Riccardo Cucchi, il radiocronista sportivo più importante d’Italia e ora conduttore della Domenica Sportiva.
#lavorarepervivere e per la propria dignità. Lavorare e non morire sul lavoro. Non dover scegliere tra lavorare e morire di tumore o non lavorare e morire di fame #Ilva #Taranto. La festa del #PrimoMaggio sarà davvero una festa quando avremo vinto queste battaglie.
Perché pubblichiamo questo tweet? Perché è emblematico di un concetto. In Italia “il” problema-lavoro è l’Ilva di Taranto. Ne parlano i lavoratori, i cittadini che non ne possono più di respirare aria inquinata, ne parlano i politici e gli osservatori, ne parla ormai chiunque. Anche chi, appunto, fa tutt’altro ma ha una sensibilità di cittadino italiano.
Il Primo Maggio non è sfuggito a quella che ormai è divenuta una regola: l’Ilva è “il” problema. Irrisolto. Del drammatico dilemma “o mangi o respiri”. Di prospettive anche di perdita occupazionale, considerevole. Di un risanamento che, se c’è nei fatti, deve far ancora vedere tutte le sue conseguenze e chissà quanti anni ci vorranno ancora. Ieri di nuovo la lite a distanza Emiliano-Calenda, pure. Le rivendicazioni durante il concertone di Taranto ma anche da quello di Roma, anche dalla manifestazione nazionale sindacale di Prato e da molte altre in Italia. L’Ilva, il problema. Non di Taranto, d’Italia. La festa del lavoro 2018 ci consegna, come ogni anno e come ogni giorno di ogni anno da diversi anni, questo primato di cui chiunque a Taranto, comunque la pensi in tema di priorità tra (in ordine alfabetico) lavoro e salute, vuole fare a meno. Il prima possibile.