Oggi, nella ricorrenza del nono anniversario dalla morte di Karol Wojtyla, abbiamo pubblicato anche i sui due discorsi, che tenne a Taranto e a Martina Franca, il 28 e il 29 ottobre 1989. Abbiamo anche chiesto un commento ad Antonio Scialpi, amministratore pubblico del territorio, uomo di cultura e delle istituzioni. Di seguito il suo intervento:
Venticinque anni fa (29 Ottobre 1989) per la prima volta un pontefice varcò le mura dell’antica città angioina, nel cuore della Murgia ,al centro tra lo Jonio e l’Adriatico, percorrendo la statale SS 172 che da Taranto porta a Martina , con in mente un solo filo conduttore : “la mia sollecitudine per una delle sfide più pressanti della nostra generazione: come conciliare l’economia dello sviluppo con l’ecologia umana, con la qualità della vita.”
L’arrivo del Papa polacco a Taranto coincideva con una profonda ed irreversibile crisi della siderurgia mondiale, con riflessi occupazionali preoccupanti anche nella capitale dell’acciaio europeo , nella quale esplodeva già “ la grave situazione ecologica, con le sue preoccupanti ripercussioni sulla natura, sul patrimonio zoologico ed ittico e sulla vita quotidiana delle persone.”
Giovanni Paolo II, a distanza di trent’ anni dalla visita di un altro Pontefice che aveva indossato simbolicamente il casco operaio nel 1968, Paolo VI, percepiva con chiarezza che il vero campanello di allarme era la “ questione ecologica”, frutto di scelte industrialistiche ed operaistiche che sacrificavano la natura e l’uomo. “Occorre ora far sì che le decisioni dei responsabili ne tengano conto, cosicché l’ambiente non venga sacrificato ad uno sviluppo industriale dissennato: la vera vittima, nel caso, sarebbe l’uomo; saremmo tutti noi”.
Di lì a poco sarebbe arrivata la dichiarazione di Taranto e Brindisi “ città a rischio ambientale”, ad opera di un grande ministro dell’ambiente dimenticato : Giorgio Ruffolo.
Mi trovai in Provincia negli anni ’90 e ben presto, redigendo il primo “Piano triennale ambientale” in assoluto in Italia, mi accorsi che quelle parole non interessavano complessivamente la classe dirigente, con qualche rara eccezione: un muro di gomma.
Lo stato aveva abdicato a governare il rapporto tra economia, ecologia, salute. Preferiva nelle sue istituzioni le complicità, le connivenze e le coperture degli inquinatori. Ma ad inquinare era lo stesso Stato.
Un inquinamento portato alla luce quando Il Siderurgico jonico nel frattempo era stato svenduto a Riva. ma la diossina era diossina di Stato, i cui organi sapevano.
Un appello lungimirante quello di Wojtila, ripetuto, sotto altra forma nel discorso di Pazza XX settembre a Martina .
Al cospetto di una folla straordinaria ed acclamante, mai vista, non gli sfuggì il valore di una “terra ancora relativamente immune dagli inquinamenti delle grandi aree urbane ed industriali” esortando i cittadini della Valle d’Itria “alla lungimiranza di fronte a beni come l’aria pura e l’acqua limpida, i boschi verdi e le terre coltivate. Solo così consegnerete integro alle generazioni future il patrimonio di queste vostre ricchezze naturali, insieme con l’antico spirito di accoglienza operosa, cordiale ed esigente dei vostri padri. Solo così trasmetterete il senso genuino del creato e della fraternità ai vostri discendenti e a quanti abiteranno, domani, questa terra che vi è cara”
Una grande lezione di etica ambientale imperniata sul principio di responsabilità verso i giovani a cui rivolse l’ultimo suo sguardo invitandoli a nuova resistenza :”Popolo diletto di Martina Franca, accogli le tue nuove generazioni con costante e coraggioso amore alla vita, nel fiducioso ascolto della Parola di Dio. Saprai così resistere alla tentazione del consumismo e alla seduzione del secolarismo.”
Una visita storica.
Un’accoglienza anche storica, con qualche Parola dimenticata.
“ Ho capito perché l’arcivescovo di Taranto mi diceva sempre Martina Martina Martina…”, sussurò a don Michele Castellana, vicario che lo accolse a Martina.
I 25 anni possono essere un’utile occasione per articolare un pensiero e un’ azione coerente con quella Parola.