di Angela Maria Centrone
Giunto alla 45a edizione, il Festival della Valle d’Itria ha dato il via ai suoi numerosi spettacoli – in scena oltre che a Palazzo Ducale, in chiostri, chiese e masserie fino al 4 agosto – ieri sera, nell’atrio del Seicentesco comune di Martina Franca, con il Matrimonio Segreto di Domenico Cimarosa.
La scelta quest’anno è ricaduta su questo dramma giocoso in due atti che fu uno dei grandi successi del compositore: alla prima esecuzione nel Teatro di Corte a Vienna, era il 1792, fu l’imperatore stesso a chiederne immediatamente un bis. E bisogna dire che anche il debutto dello scorso 16 luglio, come l’introduzione dei sottotitoli in due lingue proiettati sullo sfondo, ha ottenuto l’approvazione del pubblico, a giudicare dagli applausi finali per i sei protagonisti: Marco Filippo Romano (signor Geronimo), Maria Laura Iacobellis (Elisetta), Benedetta Torre (Carolina), Ana Victoria Pitts (Fidalma), Vittorio Prato (Conte Robinson) e Alasdair Kent (Paolino). Ma il vero plauso va sicuramente alla regia di Pier Luigi Pizzi – il quale ha firmato anche le scene ed i costumi – per aver reso effervescente un’opera già largamente conosciuta dai melomani. La perfezione nei tempi comici e l’omogeneità nel canto, complice la collaborazione del giovanissimo direttore Michele Spotti, alla guida dell’Orchestra del Teatro Petruzzelli di Bari, hanno reso l’intreccio amoroso tipicamente Settecentesco di Carolina e Paolino, gli sposi segreti, davvero accattivante. Infatti, quando finisce il primo atto e lo spettacolo si sospende per la doverosa pausa, si lasciano i personaggi nel caos più completo: gli amanti sono in procinto di fuggire; Elisetta è disperata e gelosa perché il Conte non vuol più sposare lei, bensì la sorella Carolina; la zia Fidalma rode dall’invidia perché vorrebbe Paolino per sé, ma intuisce che il suo cuore appartiene a qualcun’altra; il “povero” Geronimo, in realtà molto attento alle sue finanze, vorrebbe solo un titolo nobiliare per le due figlie, senza perdere troppi capitali in dote. E a questo punto, nonostante il lieto fine sia preannunciato, si ha la sensazione di essere tra una puntata e l’altra di una serie Netflix, quando si clicca l’episodio seguente per scoprire come faranno i nostri beniamini a sbrogliarsi da questa situazione. Questo è il genere di contemporaneità che Pier Luigi Pizzi, splendido novantenne e saggio “uom di mondo”, è riuscito a dare al suo Matrimonio Segreto, ambientato nel tipico salotto borghese di chi, oggi, ostenta l’arte per giustificare l’ossessione per il denaro e la vita agiata, cercando di guadagnarsi, attraverso l’escamotage datato – ma neanche troppo – del matrimonio, un posto nelle elité culturali del Paese.
Il libretto di Giovanni Bertati non è poi così polveroso, poiché quasi tutti i personaggi perseguono uno scopo personale. E l’individualismo, si sa, è figlio dell’epoca contemporanea, ma, in fondo, l’animo umano è il medesimo da sempre. E “solo gli amanti sopravvivono”.
Il Matrimonio Segreto replica a Palazzo Ducale il 20 luglio, 31 luglio e 3 agosto.
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