di Angela Maria Centrone
Questa settimana non si parlerà di eroi, ma di come eroi – o personaggi di spicco – lo si diventa, spesso senza meriti o tralasciando qualche scheletro nascosto. Insomma, l’eroe può essere un falso storico?
Ne’ Il Cimitero di Praga, Umberto Eco racconta brillantemente, attraverso un romanzo avvincente in forma epistolare, come il falso storico possa modificare gli avvenimenti, cambiare il corso degli eventi, raccontarci una storia differente e renderla, alla fine, l’unica riconosciuta e ricordata.
Così come i documenti, anche i simboli – le statue, i monumenti, la toponomastica – servono a commemorare fatti e personaggi.
Alla luce delle lotte intraprese da movimenti come Me Too e Black Lives Matter, quest’ultimo nuovamente sulle prime pagine dei giornali dopo i tragici accadimenti di Minneapolis dello scorso 25 maggio 2020, è esplosa un’incalzante polemica riguardante la statua dedicata al giornalista Indro Montanelli, posta negli omonimi giardini a lui intitolati. La rivolta attorno alla sua figura – così come all’estero nei confronti di esponenti del colonialismo – è legata ad un episodio della sua vita che lui stesso ha raccontato senza remore: durante la campagna d’Etiopia ebbe per mesi una schiava sessuale di appena 12 anni.
L’assoluta mancanza di pentimento ed empatia in Montanelli nel parlarne – guarda il video su YouTube – è uno dei motivi principali per cui il fatto lascia assolutamente inorriditi. Questa minimizzazione dell’accaduto da parte di un uomo, simbolo del giornalismo italiano, che in questo Paese gode di così alta stima e considerazione da avere un monumento, sicuramente fa imbestialire.
E il fatto che chi oggi lo difende – moltissimi giornalisti – si appelli alla “contestualizzazione” è ancor più grave. Perché, se è sbagliato cancellare le grandi imprese di un uomo solo perché ha commesso degli errori, è altrettanto sbagliato non riconoscere tali inaccettabili controsensi.
Quindi, cosa fare? Rimuovere la statua di Indro Montanelli? O lasciarla lì, perché in fondo erano “altri tempi”?
La nostra società, fortunatamente, si evolve. Karl Popper diceva che “il mondo delle democrazie occidentali è il migliore di tutti i mondi politici della cui esistenza storica siamo a conoscenza” ed in un certo senso è vero. Perché se per certi versi ci sembra che la nostra brutalità non abbia fine, per altri abbiamo davvero acquisito una nuova consapevolezza.
La sensibilità verso certi temi è una conquista dei nostri giorni e distruggere delle statue in nome di essa sarebbe, in fondo, un errore. Sarebbe l’incipit di un falso storico. Forse la soluzione potrebbe essere quella di lasciare quelle statue “vandalizzate”, come prova di tale presa di coscienza: gli stessi significanti acquisiscono nuovi significati.
Un po’ come i resti del muro di Berlino, oggi opera d’arte a cielo aperto, testimonianza di quando l’Europa era divisa, mausoleo dell’orrore e della sofferenza di quegli anni, ma simbolo anche di rinascita e speranza.