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Lecce: “una forma di riscatto”, fra i neolaureati due detenuti Università del Salento

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Di seguito un comunicato diffuso dall’Università del Salento:

Una forma di riscatto, un modo per riaffermare il proprio orgoglio di persone in grado di compiere azioni positive e di valore, che non si sono lasciate annullare dal peso del proprio passato. Tra i neolaureati che, in questi giorni, hanno positivamente concluso il proprio percorso di studio all’Università del Salento, ci sono anche alcuni ospiti della Casa Circondariale di Borgo San Nicola: sono state due le lauree conferite in questa sessione estiva (in Beni Culturali – indirizzo archeologico e in Comunicazione pubblica economica e istituzionale), e altre nove sono in cantiere per il prossimo futuro.

«Sono orgoglioso di quanto sta facendo l’Ateneo per sostenere la formazione universitaria degli ospiti della Casa circondariale di Borgo San Nicola», sottolinea il Rettore Fabio Pollice, «La cultura è l’arma più efficace per sostenere ogni reintegro possibile nel tessuto sociale. Compito di un Ateneo è valorizzare la persona, mettendone in risalto le qualità distintive e rendendola capace di contribuire allo sviluppo della collettività. Per questa ragione portare un detenuto al conseguimento della laurea non può che renderci orgogliosi, e rafforzarci nella convinzione che è in questi risultati la specificità del nostro Ateneo. Un’Università inclusiva e solidale: questo è l’obiettivo al quale tutta la comunità accademica deve tendere. Colgo l’occasione per ringraziare tutti quelli che hanno collaborato al raggiungimento di questo risultato a partire dalla Dirigente della Casa circondariale, con la quale si è instaurata ormai da tempo una proficua interlocuzione».

«Il “distanziamento” non è per noi una novità», spiega la dottoressa Silvia Cazzato che, sulla base di uno specifico incarico, segue il percorso accademico di questi studenti, «ed è per questo che provvediamo a fornire assistenza nelle procedure burocratiche e nel costruire programmi flessibili che tengano conto dell’impossibilità di fruizione delle lezioni. L’Ateneo attiva sempre e comunque percorsi che, pur restando rigorosamente uguali a quelli degli studenti esterni, tengano conto delle oggettive limitazioni; e inoltre, proprio a causa del rischio Covid, è stato in questi giorni necessario svolgere le discussioni di laurea per via telematica».

«Risultati di questo tipo non sono scontati», aggiunge la professoressa Maria Mancarella, già docente di Sociologia a UniSalento e oggi Garante per i diritti delle persone private della libertà personale della Città di Lecce, «Dipende dal carcere nel quale ci si trova, dalle risorse umane interne e dalla capacità di attivare intercettare risorse esterne, dipende dalle strutture universitarie, dall’interesse e dalla sensibilità di Rettori e docenti, dalla presenza di una rete di volontari e volontarie capaci di far da tramite e sopperire alle tante carenze presenti. Se è vero che l’articolo 34 della Costituzione Italiana sancisce il diritto all’istruzione e afferma l’uguaglianza sostanziale di tutte le persone di fronte alla possibilità di raggiungere i livelli più alti, non tutti hanno la possibilità di esercitarlo, in particolare coloro che vivono in un carcere, per i quali lo studio continua a rimanere un percorso complesso, raramente sostenuto dalla presenza delle risorse economiche umane e necessarie. Per questo l’istruzione universitaria è presente solo in alcune carceri italiane. Tra l’Università del Salento e il Carcere di Lecce c’è, al contrario, un rapporto di lunga data che, seppur in modo diversificato nel tempo, ha sempre rappresentato un momento fondamentale per la vita delle due istituzioni e negli anni ha consentito a tanti detenuti di studiare e laurearsi. Come Garante, prosegue il mio impegno ad allargare la platea degli aventi diritto, con l’obiettivo di migliorare le condizioni di studio e ampliare le occasioni di confronto e conoscenza attraverso un lavoro di raccordo tra istituzioni per la costruzione di percorsi e progettualità comuni».

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