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Weekhero | Un campionamento di stalagmiti pugliesi dimostra che l’Uomo di Neanderthal non si è estinto a causa dei cambiamenti climatici Intervista al geologo, Andrea Columbu, uno dei ricercatori impegnati in questo importante studio sul paleoclima

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di Angela Maria Centrone

Nella fugacità del nostro tempo, non si riesce ad analizzare un avvenimento che già dopo pochissimo diventa “notizia di ieri” e si è chiamati a passare a quello successivo. Soprattutto a livello giornalistico, c’è un approfondimento sempre più scarso dei fatti e delle cause scatenanti un particolare fenomeno. In emblematica contrapposizione a tale tendenza, questa settimana parliamo di uno dei lavori più in antitesi con la realtà scrolling che viviamo, ovvero uno studio sul paleoclima condotto proprio in Puglia, che a quanto pare è un archivio d’eccellenza in materia, grazie alla presenza di innumerevoli grotte.

Proprio qualche giorno fa è stato pubblicato su Nature Ecology & Evolution l’articolo che racconta le importanti scoperte derivate dallo studio, finanziato dalle Grotte di Castellana e dalla Federazione Speleologica Pugliese, condotto sulle stalagmiti pugliesi dai ricercatori dell’Università di Bologna: Andrea Columbu, Jo De Waele, Veronica Chiarini, Stefano Benazzi.

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Gli studiosi dell’Alma Mater che hanno partecipato alla ricerca: Andrea Columbu, Jo De Waele, Veronica Chiarini, Stefano Benazzi

In proposito, abbiamo sentito telefonicamente il geologo Andrea Columbu, che, innanzitutto, ha tenuto a ringraziare il Gruppo Speleologico Martinese per la fondamentale collaborazione ed a specificare che i campioni analizzati provengono da stalagmiti già cadute, spesso ricostruite perché frantumate, e quindi le grotte non vengono in nessun modo intaccate con prelievi.

Il dott. Columbu ci ha spiegato che dallo studio sugli strati di cui sono composte le stalagmiti, veri e propri testimoni dei miliardi di stagioni che si sono susseguite, risulta che nell’area europea del Mediterraneo non ci sono stati importanti cambiamenti climatici tali da giustificare la scomparsa dell’uomo di Neanderthal, come è stato verificato ad esempio nel nord Europa. Quindi, la causa, come spiega anche il dott. Benazzi nell’articolo sopraccitato, è da ricercare probabilmente nel divario tecnologico che i Neanderthal dovevano avere nei confronti dei Sapiens, insomma quest’ultimi riuscivano a procacciarsi il cibo utilizzando metodi e strumenti più d’avanguardia, sempre in riferimento ad un contesto primitivo.

Le due specie – Homo Sapiens e Neanderthal -, ci racconta Columbu, convissero per circa 3000 anni e ne abbiamo le prove nella Grotta del Cavallo, nei pressi di Nardò (Le), che rappresenta sicuramente uno dei più preziosi siti di ricerca. In seguito, forse, i Sapiens si adattarono meglio al clima, alle condizioni ambientali e pian piano cancellarono i Neanderthal.

Insomma, almeno per quanto riguarda l’area dei Paesi Europei che si affacciano sul Mediterraneo, sappiamo che non vi fu alcuna “era glaciale dei Neanderthal”, pensando ai dinosauri. Si trattò, presumibilmente, di un’incapacità di adattamento a certi standard. Certamente, un’ipotesi che solleva certe riflessioni anche sul presente.

Andrea Columbu ha raccolto altre stalagmiti da analizzare, una ricerca ulteriore su ere ancor più lontane e primitive (circa 500.000 anni fa), per la quale ha già richiesto dei finanziamenti UE. Ci auguriamo che i suoi studi possano proseguire, perché, anche nell’epoca dell’immediatezza, è fondamentale che qualcuno ci racconti il nostro pianeta e il perché oggi siamo quelli che siamo.

Per approfondire l’argomento –> Link al magazine dell’UniBo


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