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Ergastolo per l’accusato di essere il basista della strage di San Marco in Lamis Sentenza di primo grado

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Il presunto basista dell’agguato mafioso della stagione ferroviaria di San Marco in Lamis avvenuto il 9 agosto 2017 è stato condannato all’ergastolo. Nella circostanza oltre al boss Mario Luciano Romito e al cognato di quest’ultimo, Matteo De Palma, furono assassinati due persone innocenti, gli imprenditori Luigi e Aurelio Luciani, eliminati solo perché ritenuti testimoni scomodi dell’omicidio. Proprio qualche giorno addietro, Arcangela Petrucci, la vedova di Luigi Luciani, aveva inviato ai giornali una coraggiosa lettera intitolata “Capitanata (Ri)alza la testa”. «Sono trascorsi 3 anni, 3 mesi e 13 giorni dal quel maledetto 9 agosto 2017 che ha visto morire mio marito Luigi e mio cognato Aurelio Luciani per mano della mafia, brutale morte avvenuta nell’indifferenza di molti e nell’assenza di altri. Da quel giorno -recita la missiva- ho capito che le frasi fatte non vanno più bene. Qualcuno deve spiegarmi come è possibile che non siano stati considerati ‘campanelli d’allarme i circa 360 omicidi (l’80% dei quali è rimasto irrisolto), le rapine e le estorsioni che si stanno verificando dagli anni Settanta ad oggi?. In Capitanata sono anni che è in atto una guerra tra clan, eppure sembra che tutti abbiano scoperto l’esistenza di una mafia così feroce, brutale e arcaica la mattina del 9 agosto 2017, a seguito della morte di altri due innocenti. La cosa che mi fa rabbrividire è pensare che molta gente onesta per sopravvivere chieda aiuto alla criminalità, perché lo Stato troppo spesso è sordo e cieco. Oggi lo Stato c’è – scrive Petrucci- ma noi cittadini vorremmo percepire veramente che oggi lo Stato sia parte integrante di questo territorio e non più un ospite, affinché si trovi il coraggio di collaborare».

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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