Di seguito un comunicato diffuso dai carabinieri:
Nel cuore del Parco Nazionale del Gargano, agro del Comune di Monte Sant’Angelo, dopo accurate indagini dei Carabinieri, coordinati dalla Procura della Repubblica di Foggia, i capi di bestiame vengono definitivamente allontanati dalle aziende agricole e dal proprio conduttore.
Nella giornata di oggi, dopo anni di minacce e soprusi, un cittadino del Comune di Monte Sant’Angelo vede giungere finalmente all’epilogo una decennale triste vicenda basata su questioni legate all’invasione di terreni, danneggiamenti e contendimento degli stessi appezzamenti siti nel cuore del parco Nazionale del Gargano, precisamente agro del Comune di Monte Sant’Angelo. L’imprenditore alla fine, con enormi sforzi e sacrifici, è riuscito a contenere la volontà di imporre il controllo criminale del territorio nei terreni di sua proprietà da parte di esponenti vicini a clan insistenti su questo territorio.
La vicenda affonda le sue radici negli anni scorsi quando, per la prima volta, un imprenditore fu costretto a presentare denuncia alle Autorità in quanto si vide impedire il passaggio su alcuni suoi terreni a causa di recinzioni installate al fine di permettere il pascolo, allo stato brado, di animali riconducibili ad alcune aziende agricole della zona e condotte dal confinante L.T.M., allevatore della zona ritenuto, dagli investigatori, essere molto vicino ad un elemento di spicco di una fazione criminale attiva nei territori di Manfredonia e Monte Sant’Angelo.
Da questo momento inizia un vero e proprio dramma per il denunciante, una vera e propria persecuzione da parte del suo aguzzino che lo conduce, via via, a mutare le sue abitudini di vita, vivere in un continuo stato d’ansia e di paura e a subire continui danneggiamenti e sconfinamenti.
Ma l’escalation è destinata a proseguire con condotte estorsive e sempre più minacciose tipiche di chi vuole imporre, proprio come si faceva una volta, il controllo criminale del territorio per impossessarsi, per sempre e gratuitamente, di quei terreni ove le vacche, appartenenti a parenti di capo clan di gruppo criminale insistenti in questo territorio, vengono lasciate pascolare allo stato brado senza problemi di confini, di invasioni e di danneggiamenti ma imponendo la propria supremazia.
È proprio da qui infatti che trae le proprie origini la conosciutissima Faida del Gargano, una guerra scoppiata per questioni di abigeato e poi trasformatasi in lotta per il controllo del territorio e dei traffici illeciti. La più nota è quella tra i Li Bergolis e gli Alfieri-Primosa di Monte Sant’Angelo. Una guerra iniziata oltre 30 anni fa e scandita da oltre 30 omicidi, altrettanti tentativi di omicidio e decine di casi di Lupara bianca. Un tempo alleati dei Li Bergolis e del capo famiglia Francesco, detto “Ciccillo” vi erano anche i Romito. Poi l’alleanza subì una rottura e anche queste due famiglie entrarono in guerra uccidendosi tra loro. Una scia di sangue che sembra non aver fine.
I continui sconfinamenti, inaspriti dai dissapori maturati tra le parti nel tempo, si concretizzavano in reali condotte estorsive, minacciose e persecutorie poste in essere dall’indagato nei confronti della propria vittima tali da convincerlo, per paura e timore per la propria incolumità, ad abbandonare per sempre i suoi possedimenti, quei terreni ricchi di ricordi e valore. Terreni immersi nel cuore del Parco Nazionale del Gargano conosciuto, nell’immaginario di milioni di italiani, come una tra le più caratteristiche zone del nostro Paese, parte della Puglia tra le più ricche di habitat differenti e biodiversità tale da raccogliere in esso tessere di ambienti differenti costituenti un unico e raro puzzle.
Ma la storia ha un lieto fine anche perché l’imprenditore non è stato lasciato solo. Infatti alla luce delle numerose richieste di intervento e sulla scorta delle innumerevoli denunce presentate dalla persona offesa presso il Comando Stazione Carabinieri di Monte Sant’Angelo nei confronti del vicino, personale del Comando Compagnia Carabinieri di Manfredonia, coadiuvati dal personale della Sezione di P.G. della Procura della Repubblica di Foggia nonché personale del Comando Carabinieri Forestali, avviano un’attività d’indagine volta a monitorare tali sconfinamenti. Attraverso delicati e numerosi servizi di osservazione i Carabinieri, ben occultati nella fitta vegetazione, sono riusciti a documentare innumerevoli episodi di invasione dei terreni confinanti da parte dei bovini riconducibili, attraverso accertamenti sulle marche auricolari applicate alle orecchie del bovino, a due aziende agricole insistenti in questi Comuni, riconducibili a familiari di esponenti di capo clan insistenti in questo territorio, e condotti dall’indagato.
E’ proprio in questo momento che gli inquirenti, grazie all’ulteriore elemento celato dietro quegli animali, riuscivano ad intuire il loro aspetto oscuro e malefico. Apparentemente prive di padroni, le vacche altro non sono che la rappresentazione di prepotenza ed affermazione di potere territoriale dei soliti noti. E proprio come il loro padrone, le mandrie saccheggiano raccolti, invadono orti, buttano giù muri a secco, danneggiano recinzioni, rendono impraticabili ed inaccessibili sentieri naturalistici e vanno ovunque indisturbatamente.
La delicata attività, coordinata dalla Procura della Repubblica di Foggia, ha permesso di far ritenere L.T.M., gravemente indiziato di numerosi delitti anche perché lo stesso, in occasione di una perquisizione, veniva trovato in possesso di una pistola “pronta all’uso” ed illegalmente detenuta anche questa, probabilmente, utilizzata come strumento per attuare il controllo del territorio.
Vi è di più!
Oltre alle minacce di morte, alle aggressioni, alle condotte estorsive, ai soprusi, alle offese, alle aggressioni fisiche e verbali e ai continui atti persecutori la vittima è stato anche travolto dal suo aguzzino a bordo della sua auto riportando delle ferite alla gamba e preso a bastonate nella stessa circostanza.
Ma ora il dramma è finalmente volto al termine.
Nella giornata odierna è stata data esecuzione al provvedimento emesso dal GIP del Tribunale di Foggia consistente nel sequestro di tutti gli animali riconducibili ad entrambe le aziende. Nella fattispecie tutti e 79 i capi di bestiame, divisi tra ovini, caprini e bovini, sono stati trasferiti dalle precedenti stalle, site in agro dei comuni di Manfredonia e Monte Sant’Angelo, in altre località provvisorie in quanto acclarato essere lo strumento per commettere il reato. I capi di bestiame, dopo accurata visita e censimento da parte del personale sanitario appartenete al SIAV dell’Unità Operativa Complessa del Dipartimento di Prevenzione dell’AUSL, sono stati caricati a bordo di mezzi e scortati fino alla successiva destinazione.
Purtroppo, in questa realtà come quella del Gargano, quasi nessuno denuncia; la gente teme rappresaglie e quei pochi che lo fanno sembrano lasciati ancora troppi Soli dalle istituzioni. Molti proprietari terrieri ed imprenditori provano a correre ai ripari ergendo palizzate con tanto di reti e fili spinati. Rimedio indecoroso ad un male estremo.
Ma questa storia deve essere da monito per tutti. Il coraggio e la caparbietà della persona offesa hanno permesso di mettere in moto la macchina della giustizia e giungere quindi all’epilogo di questa triste vicenda riconsegnando, al legittimo proprietario, il pieno possesso di quei terreni attualmente liberi e incontaminati fornendo speranza alle vittime “silenziose” di analoghe vicende presenti nel nostro territorio.