Premessa: maltrattare persone, animali, è esecrabile ed è reato.
Nei giorni scorsi, sulla base di un comunicato dei carabinieri, la nostra e molte altre testate hanno raccontato dei maltrattamenti ad una cagnetta e dell’intervento dei militari. C’è chi ha pubblicato integralmente il comunicato, chi ne ha tratta una notizia. Ciascuna delle testate ha poi pubblicato in vari gruppi social network i link alle rispettive notizie sull’accaduto a Martina Franca. Noi, come facciamo sistematicamente, disattivando i commenti. Altri, pienamente ed ovviamente legittimati a farlo, lasciando la possibilità di commentare.
Nei confronti di chi ha maltrattato l’animale è stato scritto di tutto in quei commenti, rendendo perfino pubblica l’identità della persona denunciata e che i carabinieri stessi avevano omesso. Persona che, va ricordato, per legge è da considerare innocente fino a prova del contrario e comunque, per una condanna, c’è appunto la legge, non il web che, semmai, nel caso dell’informazione veicolata anche tramite i social network, deve essere strumento per i lettori-cittadini affinché siano a conoscenza dei fatti. All’atto pratico accade invece che quella parte di comunicazione, che è pubblica, è spesso intrisa di affermazioni offensive e/o volgari, offensive talmente da configurarsi come diffamazione aggravata. Un reato. Che rischia di riguardare anche gli amministratori dei gruppi social network, secondo la legislazione vigente. Un appello, da qui, alle testate giornalistiche: occhio ai commenti nei social network sia per non rischiare conseguenze giudiziarie sia perché tutti, compresi gli informatori, devono prendere delle decisioni su questa comunicazione che in modo aggressivo, volgare ed offensivo non può andare avanti. Troppe persone scambiano l’offesa per libertà di espressione dimenticando o snobbando la libertà, che viene prima, di non essere offesi.