Di Evelina Romanelli:
La personalità di Vita D’Amico è nota negli ambienti culturali della Valle d’Itria grazie al sodalizio con l’associazione Riflessi d’Arte, donna poliedrica ed innovativa, da anni diffonde cultura, arte e bellezza. Innumerevoli le presentazioni, le mostre e i momenti che, assieme al presidente Tonio
Cantore, l’hanno vista partecipe.
Da qualche mese, due esattamente, una svolta, l’uscita del suo primo romanzo, una storia avvincente che ben si lega agli avvenimenti storici del tempo in cui è ambientata. “Wilma è Gérard”, questo il titolo del suo scritto, conta oggi ben nove presentazioni al suo attivo, la vincita del
premio Adriatico e la candidatura come finalista al premio nazionale di narrativa, saggistica e poesia “Il delfino”.
Incuriositi dalla storia abbiamo incontrato la scrittrice, chiacchierare con Vita è sempre molto piacevole, divertendoci abbiamo strutturato un’intervista capovolta, buona lettura.
Vita qual è la riflessione che chiudendo il tuo romanzo resta al lettore?
Mi auguro che il lettore, dopo aver letto l’ultima pagina, si senta arricchito dalla storia perché leggere un libro è proprio questo, accrescere il proprio bagaglio culturale; un libro è così prezioso
che ti permette di conoscere storie che prima magari ignoravi, ti regala ali per viaggiare nel tempo e nello spazio, consente di vivere innumerevoli vite, sentire sulla propria pelle il dolore dei protagonisti delle storie e gioire per le loro conquiste. È come se ogni volta, con la lettura, il lettore
venisse catapultato all’interno di un romanzo, pronto a vivere le vicende accanto ai protagonisti. Non si dovrebbe mai sottovalutare la potenza di un libro, la sua bellezza, anzi al contrario bisognerebbe incentivare il piacere alla lettura, nei ragazzi come negli adulti. Non è semplice ma questa è un’altra storia.
Ritornando a Wilma e Gérard, questi due ragazzi permetteranno ai lettori di emozionarsi, grazie alla loro travagliata storia d’amore, e consentirà di catapultarli in una pagina di storia a molti
sconosciuta.
Parliamo della location e del tempo in cui hai ambientato la tua storia, sono legati ad eventi che ti hanno sfiorato da vicino o è stata semplice curiosità?
Posso ben dire che sia stato un perfetto connubio di motivazioni che mi hanno portato a scrivere questo romanzo. Mio nonno Pietro, a cui ho dedicato il romanzo, ha vissuto la guerra sulla propria
pelle anche se ha riportato a noi le sue vicende sempre accompagnandole con un sorriso. Il mio ringraziamento va a lui per avermi insegnato ad affrontare la vita sempre in maniera positiva nonostante le avversità. L’origine del romanzo, dopo aver respirato alcuni racconti di mio nonno, nasce da una mia mancata conoscenza e dalla curiosità che ne è derivata: conoscere se fossero esistiti dei campi di concentramento anche in Italia ed in particolare in Puglia. Il libro e la Casa Rossa sono la risposta.
Vi è un particolare ponte che lega gli eventi del 1945 alla storia che struttura il romanzo, passaggi ben articolati tra informazioni storiche e ricordi, credi siano il segreto per tenere alta l’attenzione del lettore?
La storia che si studia a scuola non riesce a trasmetterti emozioni, ti racconta gli eventi senza lasciarteli sulla pelle. Volevo raccontare la storia, quella più vicina alla nostra terra ma non avevo alcuna intenzione di appesantire il lettore con un argomento così importante, così sono intervenuti Wilma e Gérard, il modo migliore per attirare l’attenzione del lettore, per saperlo emozionare, è infine renderlo edotto sull’argomento.
Nel romanzo lo stile è scorrevole e accattivante, la lettura si snoda con grande facilità, ti è sempre piaciuto scrivere? Ho scelto uno stile semplice per arrivare al cuore del lettore, al fine di permettere anche a chi non è avvezzo alla lettura di conoscere ed apprezzare il racconto. In passato ho preferito la poesia, poter concentrare un’emozione in pochi versi, ricercare le parole più adatte, quelle con più
musicalità, poi i versi mi stavano un po’ stretti per raccontare quello che volevo trasmettere, così ho puntato sul romanzo.
Chi sono Wilma e Gérard davvero, a chi ti sei ispirata? Facendo poi un gioco spazio-
temporale, possiamo paragonarli a personaggi attuali?
L’incontro con Wilma in particolare è stato casuale, ho trovato la sua storia – di donna internauta alla Casa Rossa insieme a suo figlio Mandrich – in poche righe a lei dedicate nel libro del professor Francesco Terzulli dedicato a quel luogo. Poche righe che sono state sufficienti ad accendere la
mia fantasia. Gérard è invece arrivato in seguito. I personaggi potrebbero benissimo lasciare il dopoguerra e abitare il nostro tempo, in fondo una storia d’amore resta intensa anche col mutare dei tempi, è un sentimento talmente universale che poco importa la connotazione storica,
sicuramente per quel periodo erano perfetti.
Quale termine utilizzeresti per definire il tuo romanzo in una parola e perché?
Il primo termine che mi viene in mente è avvincente, difficilmente il lettore si annoierà nella lettura, ci sono una serie di colpi di scena che lo terranno incollato alle pagine del libro e poi direi completo perché in sé racchiude diversi temi in grado di solleticare l’interesse del lettore. Si
racconta una pagina importante di storia locale, a molti poco conosciuta, si parla di radici che ti riportano alla terra natia – oltre ad Alberobello i lettori troveranno le bellezze del Salento – si narra del legame indissolubile con la famiglia, che va anche oltre la vita, di solidarietà femminile,
di dolore e di rinascita, il tutto condito da una importante dose di amore.
Al pubblico sei nota per il sodalizio con l’Associazione Riflessi d’arte, come definiresti questa congiuntura lavorativa e che peso ha avuto il tuo essere costantemente contaminata dalla
cultura nella decisione di scrivere?
Quello con Riflessi d’Arte è un sodalizio che prosegue con grande successo ormai da diversi anni, dovrebbero essere otto e mezzo, come il film di Fellini. In questi anni abbiamo cercato con l’intero gruppo di dare risalto al mondo magico degli artisti. Respirare cultura, arte, letteratura, teatro ha
indubbiamente contribuito ad amplificare il desiderio di mettermi in gioco, portandomi ad accantonare il ruolo di lettrice per passare a quello di “artigiana delle parole”.
Come nasce il rapporto con la casa editrice definita in genere l’altro genitore della creatura?
La chiave di svolta è stata l’ardire di raccontare questa storia, quando era ancora in fase embrionale, a Sara Rattaro, una delle scrittrici italiane più amate dai lettori e da me che, insieme all’associazione abbiamo ospitato più volte a Martina Franca. È grazie a lei e alla sua insistenza che nasce Wilma e Gérard, perché lei, ancor prima di me, ha creduto nella potenza e nella bellezza di questa storia. Sono quegli incontri speciali che rappresentano delle chiavi di svolta. Sara cura alcune collane letterarie all’interno della Morellini editore così ha voluto che facessi parte anch’io della loro squadra.
In poco più di due mesi nove presentazioni, quindi una ottimale diffusione del romanzo, qual è il futuro che immagini per questa storia?
Due mesi che hanno permesso al mio romanzo di farsi conoscere in alcuni paesi limitrofi. Hanno consentito di abbracciare molti lettori attraverso persone speciali che hanno preso davvero a cuore questa storia. Grazie ad alcune importanti segnalazioni, alle svariate recensioni, ai commenti appassionati di molti lettori, “Wilma e Gèrard” hanno ottenuto un riconoscimento importante, il premio Adriatico e di conseguenza io con loro. Mi piacerebbe una diffusione del romanzo su tutto
il territorio nazionale ma ho consapevolezza che occorre una rete capillare di passaparola, ritengo
quest’ultimo uno degli strumenti più efficaci Dove vedrei questa storia in futuro?… Ho aspettative importanti per questo romanzo che sono certa merita il meglio, non solo essere conosciuto e amato dai lettori, ma il mio sogno più grande sarebbe una trasposizione cinematografica. Lo so che punto
in alto del resto quant’è bello viaggiare tra le stelle?
La lettura dell’amore, che dal romanzo trasuda, nella sua ultima parte cosa ci insegna?
Non voglio svelare molto sul finale, che sono certa non deluderà i lettori, posso solo dirvi che il mio spirito positivo (e qui ritorna l’influenza del nonno) si è riversato all’interno della storia dei protagonisti.
Il manoscritto è arricchito con approfondimenti multimediali da visualizzare attraverso la scansione
di un Qr code ed una colonna sonora scelta dall’autrice.