Di Franco Presicci:
Chissà se qualche volta Benvenuto Messia abbia pensato di fare un salto a Milano il giorno della Stramilano, la maratona dei cinquantamila, che parte alle 9 da corso Vittorio Emanuele, sotto il Duomo. Ai tempi in cui la seguivo io, in auto, per “Il Giorno” tra quel foltissimo esercito pacifico ogni anno partecipava un signore sottile, basso, cappello di paglia in testa, artista estemporaneo che dipingeva un quadro correndo in bicicletta. Non dico che Ben sarebbe stato felice di tuffarsi nella marea che rompe gli argini almeno un quarto d’ora prima del previsto, ma una bella corsetta fra tante figure simpatiche che marciano con multicolori ombrelli aperti, su due ruote, in monopattino lui, a cavallo della sua gloriosa, elegante bici, magari quella regalatagli a suo tempo da Alfredo Aquaro al termine di una edizione della Ciclopasseggiata turistica del plenilunio d’agosto, che lo stesso notaio, titolare di Villaggio In e di uno studio importante in Foro Bonaparte, a Milano, organizzava ogni anno a Martina
Si sarebbe sicuramente distinto alla Stramilano, Benvenuto, e io lo vedo in una foto sui giornali, perché un ciclista come lui non sarebbe sfuggito all’occhio attento dei cronisti, che alle 7 del mattino erano già pronti per andare in piazza del Duomo per incontrare i concorrenti che già alle 8, sparpagliati, indossavano i pettorali, e oltre le transenne qualcuno degli spettatori che avevano conquistato la prima fila. E’ una giornata esaltante, entusiasmante, che sprizza allegria. Acquartierato sul marciapiedi di fronte al ristoro di viale Tibaldi ammiravo gli alpini, che sfilavano non in veste ufficiale ma con il cappello d’ordinanza in testa; anziani quasi novantenni, a passo svelto, non affaticati – almeno così dichiaravano – nonostante avessero già macinato metà del percorso. Tra loro Samuele Jannuzzi, di Barletta, 87 anni, Speedy Gonzalez delle Poste di via Ferrante Aorto, che avrebbe potuto esibire un medagliere con un migliaio di esemplari. Aveva più o meno l’età, la passione, la tenacia, lo spirito di Benvenuto, solo che lui preferiva le sgambate a piedi e Benvenuto la bici.
Spesso l’ho visto, Ben, pedalare per le strade di Martina Franca, che chissà quante volte attraversa durante il giorno, sbucando improvvisamente da via Ceglie, dove ha lo studio, o da via Alfieri. Vedendolo correre, vien voglia di urlare scherzosamente: “Dai, Ben, corri, corri che arrivi primo”. Ma non è sua intenzione, credo, fare scena. La bicicletta per lui è libertà, sport, velocità, gioia, spensieratezza; e quando si accoda al Giro d’Italia in transito da Martina non lo fa per sentirsi campione per un attimo, ma per divertimento, per gioco.
È uno spasso passare qualche ora con lui. Un giorno mi trovavo sulla via per Locorotondo, nel trullo di Oronzo Carbotti, autore di interessanti articoli sui vecchi mestieri (il pastore, il fabbro…) e le tradizioni popolari per “Umanesimo della Pietra”, quando arrivò lui, Benvenuto, pimpante e cortese. Lo avevo già incontrato anni prima. A un certo punto tirò fuori della tasca una poesia effervescente e la recitò con gli occhi, la mimica, le espressioni del viso, i toni della voce da attore ricco di talento, in un dialetto affascinate. Lì capii di avere di fronte un poeta autentico e un mattatore delizioso.
Ma le sorprese erano destinate ad accrescersi, notando su facebook bellissime immagini con Ben vestito da prete seduto su una panchina con Lino Banfi sul set di un film; altre con Luisa Ranieri e con Sabrina Ferilli, con la Capotondi… Lo rividi in “Braccialetti rossi”, uno dei tanti sceneggiati della Tivù. Una scoperta dietro ‘altra. Sere fa con una di quelle presentazioni che si riservano ai divi dello spettacolo o dello sport, della moda rieccolo su Martina Channell, che quando mi capita guardo volentieri. E l’intervista a Ben mi ha tenuto incollato alla poltrona, da dove non mi ha schiodato neppure il profumo di un risotto alla milanese già fumante in tavola. Il mio amico Ben! Potrebbe essere il titolo di un libro, come “La bici del Messia”. Forse un giorno mi deciderò a compilare qualche centinaio di pagine su questa figura straordinaria, che in abito bianco e cappello dello stesso colore interpreta da gran signore la parte di chi ascolta con umiltà la lezione sulla raccolta differenziata.
Francesco Lenoci, martinese doc, ha riempito i suoi siti su facebook di immagini del Messia. In una stanno insieme in piazza Duomo e potrebbe avere una didascalia ironica: “l’articolo il” (perdonami, Ben, tu sei un maestro della battuta spiritosa e non puoi prendertela per questa, che tra l’altro non è neppure originale). Benvenuto è persona amabile, cordiale, simpatica, gradevole, con la quale si può dialogare tranquillamente; una persona ricca di idee geniali, come quella di portare la figlia all’altare seduta sul telaio della bici. Divertentissimo Ben! Sono anni che lo seguo: quando allestisce una mostra di sue fotografie, quando si esibisce con gli amici de “l’Accdèmie d’a Cutìzze” a Palazzo Recupero, o su un palcoscenico improvvisato vicino alla chiesa del Carmine, prima o dopo Cinzia Castellana, Giovanni Nardelli, che vedo sui video mentre canta nei bar, a Torrecanne i suoi brani vivacissimi, come quello sulle polpette rubacchiate appena tolte dalla padella. Attraverso facebook scruto la sede dell’accademia e capto le voci di Teresa Gentile, di Cinzia Castellana, del tenore Gianni Nasti, di Maria Carmela Ricci (ricordo il suo libro “Quella nevicata del ‘56”, edito da Paolo Giacovelli di Locorotondo, ma con articolazioni in tutto il territorio, Milano compresa).
Quanto c’è da dire su Martina, sulla sua gente, intelligente, laboriosa, creativa, ospitale, attaccatissima alla sua culla! Una sera da Peppino Cito un altro Peppino, Montanaro, colto e informato, raccoglitore di gioielli come il Rutilio e Aminta Scialpi, disse a proposito di un mio collega martinese che viveva a Milano e non era mai tornato in Valle d’Itria: “Quello non è martinese. I martinesi tornano sempre al nido”, non lo rinnegano mai. E aveva ragione. Il mio collega d’estate andava in Liguria e di Martina non sapeva più niente. Benvenuto Messia è legato a Martina come l’edera al tronco di un albero o a una parete e mai se ne sarebbe allontanato senza una rimpatriata. Il “nostos” è innato.
Grande Ben. Gli telefono, gli scrivo su facebook, rispondendo alle sue battute, complice a volte il martinesissimo Lenoci, che non si sa mai se è a Milano, nel suo studio nella storica Terrazza Martini, o in Valle d’Itria o a Grottaglie, o a Cellino San Marco da Albano o a Verona o a Matera… E’ un diffusore errante di cultura.
Ho trascorso un paio d’ore in casa di un amico, sfogliando album di immagini con protagonista la bici: una giovane donna appoggiata a una due ruote e vestita in maniera di altri tempi: il cappello piumato sulla testa, il volto avvolto dal velo, il fazzoletto annodato come una cravatta, la giacca che nasconde la gonna di amazzone; una cartolina postale del 1898, con il pavimento semicoperto da una lunghissima lettera d’amore; un’altra donna con la gonna impigliata nella catena; cicliste al raduno di Ferrara del 1902, organizzato dal Touring; una ciclopasseggiata sulle due ruote ai primi del ‘900. Le donne, per quanto molto presenti nelle cartoline d’epoca, pubblicitarie e non, preferiscono altri mezzi, anche se non mancano in tanti cartoncini rettangolari e in alcuni quadri di pittori consacrati.
Chi non ricorda la fotografia della Rai per il lancio del “Girotondo show”, con Jimmy Fontana, Gloria Christian, Little Tony e altri cantanti in bici? Osservando quelle foto, gli abiti, gli atteggiamenti, compresi quelli delle mondine che andavano in sella alle risaie, mi veniva in mente il brano. “Ma dove vai, bellezza in bicicletta così di fretta pedalando con ardor?” di Silvana Pampanini, magari cantata dal trio Lescano. E la foto degli allievi di una scuola pronti per una gara in bici nel 1912 e il brano napoletano: “Si chiama velociforo sto marcangegno novo – pare che ho fa l’ovo chi ‘ncoppa ce stà a ghi”. E il tandem, con lui e lei insieme verso la felicità sognata?
Ho perso per strada Ben, che forse ha indirizzato il manubrio verso altra mèta. No, sono stato io a deragliare, ma lo ritroverò l’intramontabile atleta, il poeta gustoso, il maestro dell’obiettivo fotografico, veterano dei cacciatori d’immagini, l’attore dai mille volti e dal cuore d’oro, il ciclista che a 91 anni pedala ancora, per sentirsi giovane.