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Dieci anni fa la morte del poliziotto ammalatosi perché indagava sul traffico criminale di rifiuti nella terra dei fuochi Roberto Mancini

Roberto Mancini

Di seguito un comunicato diffuso da Romano Pesavento, presidente del coordinamento nazionale docenti delle discipline dei diritti umani:

Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani commemora oggi 30 aprile l’eroismo e l’abnegazione del sostituto commissario di polizia Roberto Mancini, scomparso prematuramente nel 2014, all’età di 53 anni, in seguito a un cancro al sangue, patologia contratta conseguentemente alla sua attività investigativa correlata al traffico illecito dei rifiuti in Campania.

Purtroppo la storia di Roberto Mancini è una vicenda triste e costellata da inadempienze, collusione e indifferenza da parte di chi avrebbe dovuto sostenere quanto il commissario con i suoi uomini stava perseguendo; invece l’inerzia, l’affarismo e l’omertà condannarono a morte non solo lui ma anche tanti innocenti, tra i quali donne e bambini, colpiti da malattie gravissime dovute all’inquinamento ambientale determinato dalle sostanze nocive. Un’area contaminata rimane tale per moltissimo tempo con conseguenze ed effetti sulle persone e l’habitat che non possono essere preventivate; senza contare che attraverso il ciclo dell’acqua le scelte scellerate di persone senza scrupoli comportano guasti irreparabili anche in territori teoricamente lontani dalle scorie immesse. Roberto lottava per la giustizia, per la salute e contro i poteri camorristici. Ricordarlo oggi significa sottolineare l’importanza della tutela ambientale spesso compromessa da loschi interessi.

In considerazione di quanto detto, aderendo al nostro progetto “#InostriStudentiRaccontanoiMartiridellaLegalità”, lo studente Mattia Scida del Liceo scientifico “Filolao” di Crotone, classe I sez. D, scrive:

Correva l’anno 1996, ed un gruppo di agenti in divisa, capitanati dal commissario Roberto Mancini, conduceva ricerche in alcuni terreni delle campagne del basso Lazio. Indagavano su un traffico illecito del clan dei Casalesi che all’epoca aveva causato un disastro ambientale nei terreni a causa dei materiali tossici sversati.

L’operazione condotta dal commissario Roberto Mancini e la sua squadra anticipò di ben 10 anni quella che poi rese tristemente famosa la zona in questione successivamente denominata: “la Terra dei Fuochi”. Nonostante le sue ricerche fossero state accantonate per anni, il commissario continuò a scavare e a portare avanti le sue indagini, fin quando si ammalò di tumore, un linfoma, che lo porterà alla morte nel 30 aprile 2014. La mafia uccide in tanti modi, non sono tutti cruenti e, forse proprio perché silenziosi e invisibili, mietono molte più vittime delle sparatorie. Roberto Mancini e molti altri sono vittime innocenti dell’organizzazione criminale presente su tutto il territorio nazionale ed estero chiamata Mafia.

Il CNDDU auspica una maggiore partecipazione da parte delle autorità politiche in materia di bonifica ambientale, laddove necessaria, da esplicitarsi anche attraverso dialoghi e confronti con gli studenti e il mondo della scuola e invita  nuovamente ad aderire al progetto #inostristudentiraccontanoimartiridellalegalità. Gli elaborati possono essere segnalati al CNDDU che li renderà visibili sui propri canali social (email: coordinamentodirittiumani@gmail.com).

 

 


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