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Non si vede ma si cura


Domenico Modugno, trenta anni fa Il pugliese mister Volare che rivoluzionò la musica italiana

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Di Agostino Convertino:

Capii di stare messo malissimo dopo uno scontro durissimo con alcune sbarbine quattordicenni – nella prima decade dell’anno duemila – che sostenevano come Meraviglioso fosse un capolavoro scritto ed eseguito da un certo Giuliano dei Negramaro. Quella suoneria del cellulare dimostrava come sia io che questo signor Modugno fossimo due emeriti millantatori e sanciva la distanza siderale tra due mondi inconciliabili.

L’impatto generazionale era stato fortissimo ma almeno aveva evidenziato un fattore comune: la musica veicola emozioni profondissime a prescindere dalle epoche, dagli stili, dai protagonisti e dai sistemi di riproduzione. La musica è di tutti. Ed è per questo che, nel trentennale della sua scomparsa, ci piace immaginare Domenico Modugno come un Patrimonio Immateriale dell’Umanità avendo incarnato, per primo, il ruolo di superstar globale. Lo testimoniano i milioni di copie di Nel blu dipinto di blu vendute e la debordante quantità di interpretazioni cover del brano.

Ma la cover più emblematica di quell’epoca, siamo in pieno dopoguerra, è la sua – quella di Dino Paul Crocetti in arte Dean Martin – col suo slang italo-americano che pochi anni prima aveva inventato il genere past&fasul contaminando napoletano e inglese nella ballata popolare That’s Amore. Il più grande talento dello star system americano si inchinava allo spessore di un personaggio che, se fosse nato negli States, avrebbe oscurato lui e perfino The Voice Frank Sinatra. I due condividevano tratti comuni, totalmente immersi in una soluzione di istrionismo incontrollabile, che li qualificava come artisti totali. Ambedue frequentavano cifre espressive folk che non potevano legarsi ad un singolo territorio. Musica, teatro, cinema, televisione, poesia, composizione e, nel caso di Mimmo Modugno, anche la politica.

Marco Pannella, carismatico leader radicale, lo spinse a candidarsi come senatore per impegnarsi contro la dilagante malasanità italiana in particolare quella di certi manicomi di cui Modugno aveva conosciuto lo stato di abbandono. E nonostante si recasse a Montecitorio sulla sedia a rotelle a causa dei suoi problemi di salute, la sua attività politica fu intensa come le interpretazioni delle sue canzoni.

Ma come possiamo riconciliare, nel giorno del ricordo di Modugno, il grande artista pugliese con il mood musicale dei giovani millennials che ne ignorano la meravigliosa carriera? Con due semplici collegamenti: il Festival di Sanremo e la Città di Polignano a Mare che al Mimmo nazionale ha dato i natali.

Il Festival, che le giovani generazioni seguono per la presenza dei loro miti musicali contemporanei (Mango, Geolier, Mahmood, Maneskin), è lo stesso palco che Domenico Modugno ha calcato – ripetutamente e vittoriosamente – con ben quattro trionfi.

La Città di Polignano a Mare, perla consacrata del turismo mondiale, era un borgo semi-sconosciuto quando lui se ne andò a Roma in cerca di fortuna e poi in Sicilia dove si fece apprezzare come attore nel film Carica Eroica di un altro “pugliese de luxe”, il garganico Francesco De Robertis. Fu in quell’occasione che assunse la nuova “identità antropologica siciliana” che gli calzava a pennello per quei baffetti intriganti da tipico uomo meridionale.

Ma Polignano a Mare lo ha sempre sentito un figlio suo nonostante la sua vorticosa carriera gli impedisse di tornare. E gli ha dedicato un monumento che, grazie alla tecnologia delle fotografie selfie è probabilmente uno dei più famosi al mondo. Sotto quella statua oggi passano moltissimi giovani, provenienti da ogni dove, che alimentano il mito di un grande artista e la leggenda di una perla turistica. È la giornata giusta per fargli una visita o per rivolgergli un pensiero che non è esagerato definire affettuoso. Ciao Mimmo.

Agostino Convertino


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