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Intelligenza artificiale ed evoluzione I rischi

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Di Francesco Cava*:

Nei giorni scorsi è stato assegnato il Nobel per la fisica all’americano John Hopfield, fisico attivo nel campo della biofisica, e al britannico Geoffrey Hinton, psicologo sperimentale e informatico. Il premio è stato loro attribuito per gli studi che hanno posto le basi dell’Intelligenza Artificiale (I.A.).

I due studiosi hanno costruito modelli informatici ad imitazione di organi e funzioni cerebrali, in cui il neurone è chiamato nodo e la connessione tra due nodi rappresenta una sinapsi. Questi due elementi, neurone e sinapsi, costituiscono i componenti fondamentali dei processi di apprendimento della mente umana: alla cellula nervosa, il neurone, sotto forma di stimoli arrivano dal suo esterno le informazioni che, con dei fenomeni fisico-chimici che coinvolgono loro prolungamenti, vengono trasmesse ai neuroni vicini attraverso le sinapsi, con la conseguente propagazione dell’informazione da cellula a cellula.

Nei lontani anni ottanta Hopfield e  Hinton hanno creato una machine learning, una macchina per imparare, costituita da reti neurali capaci di incamerare dati, riconoscere le combinazioni che si presentano con maggiore frequenza e utilizzare queste capacità per creare un sistema capace di imparare e di operare da sola, senza bisogno di istruzioni dell’uomo dall’esterno, proiettandoci in un futuro che è difficile prevedere e conoscere.

Tali perplessità coinvolgono anche i due scienziati e la stessa Accademia delle Scienze Svedese che nella motivazione dell’assegnazione del Nobel avverte “La nuova tecnologia porterà enormi benefici, ma suscita inquietudini per il futuro. L’umanità ha la responsabilità di usarla in modo etico e sicuro.” E’ la sempre presente querelle tra la tecnica e la sua applicazione, la tecnologia.

L’inglese Hinton altresì in una intervista rilasciata dopo il riconoscimento del Nobel ha dichiarato di “essere preoccupato che tutta questa roba un giorno sfugga al nostro controllo. Il problema è semplice: l’I.A. sarà positiva per la medicina, l’ambiente, i nanomateriali… Ma non c’è modo di fermarne lo sviluppo. E un giorno diventerà più intelligente di noi. A quel punto, piomberemo in uno scenario assolutamente inedito e non so come gli umani potranno rimanere al potere. Per questo bisogna agire il prima possibile.”

A questo punto quindi, con tali premesse, mi pongo una domanda: dobbiamo temere la progressiva sottrazione di facoltà e abilità dell’uomo in favore di apparati tecnologici, algoritmi e reti neurali? Dobbiamo temere l’indebolimento di alcune facoltà intellettive proprie della nostra specie?

Nella storia dell’uomo la sua affermazione è da collegare al processo evolutivo che è stato caratterizzato dalla selezione del migliore, del più adatto (Evoluzione della specie di Darwin), con una progressione filogenetica che ha comportato un aumento del livello di capacità adattativa della nostra specie attraverso l’evoluzione di nuove forme di processi mentali.

Quindi sopravanza il dubbio: l’I.A., pur considerando e riconoscendo ad essa i suoi molti benefici, può contestualmente procurare danni alla nostra mente, alla nostra anima? Forse qualcosa di poco umano sta invadendo la nostra vita?

Alcuni studiosi preferiscono chiamare l’I.A. Intelligenza Aliena, perché a loro dire questa non è nostra, ci è estranea. Nella sua definizione è già un ossimoro perché l’intelligenza prevede una costruzione del pensiero, prevede idee, prevede ipotesi, ragionamento, collegamenti, memoria del costrutto, tutte caratteristiche assenti nel concetto di Artificiale. Ad oggi l’I.A. calcola, ma non pensa, assembla ed elabora dati, ma non ragiona in modo autonomo; produce testi, immagini, video, ma non ne ha coscienza. L’I.A. non ha un IO che è caratterizzato da un passato, un presente e un futuro, le basi della nostra unicità; l’I.A. sembra mettere in discussione il centro stesso della nostra identità personale.

Volendo traslare questo concetto nel mondo della scuola, l’I.A. comporta un apprendimento superficiale degli studenti e non una comprensione profonda. La tecnologia è molto effimera nel fornire risposte immediate e personalizzate e rischia di appiattire il pensiero critico e la riflessione profonda.

Il sociologo francese Baudrillard ha scritto: “L’umanità sta mettendo fine alla selezione naturale per prendere la china di un corso artificiale il cui esito sarà un punto oltre il quale non saremo in grado di riconoscere né l’umano né l’inumano”. Non dimentichiamo che il tempo dell’evoluzione dell’uomo è da riferirsi non ad anni o millenni, ma a milioni di anni.

*biologo


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