Di Franco Presicci:
A Milano fino a un paio di anni fa c’era Franco Bompieri, che usava forbici e rasoio in via Morone, nella sua “Antica barbieria Colla”. Sulla sua poltrona girevole si sono accomodati non soltanto i vip meneghini: Enrico Cuccia, Cesare Romiti, Indro Montanelli, Guido Piovene, Enzo Bettiza… e una sera addirittura il principe di Edimburgo, ma anche, quando erano a Milano, Giancarlo Giannini, Luchino Visconti, Marcello Mastroianni, Roberto Benigni… Da giovane Franco fece la barba a Totò al Grand’Hotel et de Milan, in via Manzoni, dove sparsero paglia sulla via, perché in quell’albergo stava spirando Giuseppe Verdi.
Nel tempo libero scriveva libri, magari nella sua casa delle vacanze a Tellaro, dove godeva il sole, il mare e la tranquillità anche Mario Soldati. Il primo libro del barbitonsore-scrittore, di Volta Mantovana, fu “Il freddo nelle ossa”; poi vennero altri titoli editi da Longanesi, Rizzoli, Feltrinelli. Intanto diventammo amici. Poi Franco se n’è andato dall’altra parte e in via Morone non ci sono più andato neppure per uno sguardo al palazzo che nell’800 ospitò il salotto culturale della contessa Clara Maffei o per visitare ancora una volta casa Manzoni o per ammirare piazza Belgioioso, in cui via Morone sfocia, offrendo la vista del “Boeucc”, lussuoso ed elegante ristorante sorto nel ‘600 e frequentato anche da Toscaninim, che “pasteggiava con mezzo di champagne.
A Locorotondo c’è un barbitonsore, Paolo Giacovelli, che non è certo ancora noto come Bombieri e Francesco Cirignotta, anche lui meneghino, accolto nelle pagine del “Figaro”, ma fa l’editore, conosciuto anche nella terra del Porta. E ha il dono dell’ubiquità: cura una sua piccola libreria, “L’angolo retto”, in via Montanaro, in cui ogni anno si svolge, per suo merito, la “Staffetta d’autore”; fa l’assessore comunale e dà una mano alla mamma in salumeria. Non so più quanti libri ha pubblicato fino ad oggi: uno più bello dell’altro. Qualche titolo? “ Quella nevicata del ‘56”, di Carmela Maria Ricci, che ha fatto il giro d’Italia per le presentazioni, dal Libraccio del capoluogo lombardo, sui Navigli, al mercato di Porta Romana, sempre a Milano, dove si respira ancora l’aria delle canzoni di Giorgio Gaber (bell’idea parlare di un libro in uno spazio ricavato ai bordi di bancarelle di arance e pomodori). Questo girotondo Paolo lo compie assieme ai suoi autori, stando in disparte, senza mai prendere la scena. E’ serio, riservato, preparato. E ha trent’anni.
Alla “Staffetta” del suo paese-bomboniera lo si è visto andare su e giù; infilarsi nella libreria; uscirne con cassette di libri; sparire dietro un angolo della via; sussurrare suggerimenti alle sue collaboratrici, tutte vestite di bianco; guardare l’orologio per controllare che gli autori, venuti da ogni parte d’Italia, rispettassero i 15 minuti assegnati a ciascuno di loro per parlare dei propri lavori: una varietà di temi, interessanti, dalla scuola ai ragazzi di oggi, dalla criminalità organizzata ai viaggi su vagoni tirati dalla locomotiva a vapore. Sullo sfondo l’aspetto teatrale del vicolo, come gli altri caro a Giuseppe Giacovazzo, autore di “Puglia, il tuo cuore” e di altre pagine, memorabili, come “Paese vivrai” (“Ti racconto – dopo quasi una vita – perché una lontana domenica ti trascinai dalla città a vedere com’era fatto il mio paese. Tu ora lo dipingi io lo riscopro nella tua pittutra…”), impreziosito da meravigliose opere dell’artista Filippo Alto, barese doc, a cui Peppino si riferisce nel testo.
Un amico mi chiede: “Un editore a Locorotondo e modellatore di chiome?”. Dov’è la stranezza? Un giovane di talento, volenteroso, cosciente delle proprie doti, può scegliere fra le tante strade quella che più gli si addice. Ho conosciuto un autore, Giuseppe Cara, con la terza elementare, esperienza di scaricatore di porto, infaticabile lettore e autore di un libro, “Crescerà Esterina”, che tanti anni fa fu sul punto di vincere il Premio Viareggio, sostenuto da Concetto Marchesi, il grande latinista. Cara faceva il correttore di bozze al “Giorno”, dopo una lunga esperienza a “L’Unità”, e divorava libri, scriveva e si costruiva con le sue mani una casa in legno nel bosco. Non conta il percorso scolastico, se uno si è fatto da sè. E Cara parlava con cognizione di Jacopone da Todi e di Bertrand Russell. Era soltanto un orso che si faceva accendere da un cerino.
Ho avuto modo di apprezzare le qualità dell’editore-barbiere “d’u Curdòne”, di cui avevo sentito parlare in una serata culturale al Palazzo Ducale di Martina Franca e a una mostra fotografica di Benvenuto Messia, che appena muove un passo è già notizia. L’ho incontrato a Milano la prima volta alla cerimonia di Porta Romana, per il libro di Emma Serini, una ventenne bella e schietta, che arricchisce le pagine con bei disegni colorati, dall’atmosfera fiabesca, realizzati dalla sua mano. Anche quella volta Paolo colse nel segno. Mi chiedo dove trovi il tempo per affrontare tante attività. Lo stimo molto. E’ figlio di un fabbro, mestiere antico che in molti luoghi è quasi scomparso. Una domanda: “Come è arrivata questa voglia di fare l’editore?” “Leggendo i giornali nel mio salone, in via Alberobello, e quindi i libri che mi affascinano sempre”.
Ama profondamente la Puglia e ovviamente Locorotondo, che considera il paese più bello, dove l’aria è genuina, il paesaggio intorno è incantevole con viti e ulivi e “casedde”, richiamo per migliaia di turisti che arrivano da ogni parte, anche dall’estero. Lo si può ammirare in alto sulla strada di Martina che porta d Alberobello e a Fasano. Altro? “Sì, ha 137 contrade, a cui abbiamo dedicato un libro, ‘La vera storia di Locorotondo di Bob Volaric’ , che scrive: ‘Simboli, incisioni, scritte perdute nel tempo. Alcune sono state ritrovate sotto strati di calce e messe in opera e molto belle da vedere… L’unico posto dove possiamo ancora trovare simboli e dove nulla può essere distrutto, il Camposanto…”. Paolo mi parla di libri usciti e da pubblicare, ma sempre senza retorica o autoesaltazione; poche parole, ben misurate, con pause lunghe e voce bassa. “Adesso manderemo in libreria un libro su San Marco, una delle contrade del paese con chiesa, farmacia, poste e via dicendo”. “Chi sceglie i libri da affidare alla tipografia?”, “Il mio team editoriale”. “Come sei come capo?”. “Mi considero bravo, nel senso che con i miei collaboratori sono disponibile, umano, cordiale”. “Quando usciranno tradotti in italiano i libri che avete pubblicato in inglese sul territorio di Locorotondo?”. “Presto”.
E’ piacevole avere una conversazione con questo giovane editore, che, dice, è sempre in trasferta. Poi riprendo “La vera storia di Locorotondo” e riapro le pagine già lette. “Passeggiavo per le vie di Locorotondo immerso nei miei pensieri. Il tempo veniva scandito ad ogni mio passo attraverso un fastidioso ‘scrocchio’ delle scarpe acquistate da poco e l’unico modo per poter eliminare quel fastidioso rumore era camminare il più possibile. Un leggero venticello mi sfiorò il viso trasportando con sé l’eco strana ma familiare”. E vide la Madonna della Greca illuminata, dove qualcuno stava recitando il rosario. Entrò, e tutti i fedeli si girarono a guardarlo… Maledette scarpe. Il libro è ricco di disegni, foto di altari, statue, portelle, affreschi, mappe….
Questo pellegrino del “locus rotundus”, Paolo dico, questo trottatore mai stanco, questo figlio di fabbro che certamente ha visto il fuoco piegare il ferro, battere il maglio sull’incudine, ma senza mai pensare d’indossare la tuta dell’artista della fucina. La sua vocazione per il libro era ed è forte, come il desiderio di andare sempre più avanti e più in alto, girando l’Italia in lungo e in largo, conoscere persone nuove, il pubblico che affolla le sale e applaude, poeti e scrittori, come Toni Augello (“La porta della neve”); Giorgio Tacconi (“50 sfumature di Milano”, con prefazione di Antonio Di Bella, già corrispondente della Rai da New York): Giovanni Rosario Gallo (“Giallo Itriano”); Maria Carmela Ricci, che ha deliziato con quella sua nevicata che creò tanti disagi, seppellì attrezzi di lavoro, animali, alberi, costringendo i contadini e le loro famiglie a rimanere prigionieri in casa, nei trulli con le cuspidi imbiancate. Paolo Giacovelli, barbitonsore ed editore, libraio, aiutante salumiere ed assessore comunale, è uno di quei giovani di Puglia che sarebbe piaciuto a Tommaso Fiore, docente e meridionalista.
Franco Presicci