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Martina Franca: orologi e campane di un lavoratore geniale Giuseppe Bellucci

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Di Franco Presicci:

A Martina Franca c’è un signore che costruisce campane. Quando Francesco Lenoci, “patriae decus” della città dei trulli e del belcanto, docente universitario e conferenziere errante me lo ha suggerito, sono andato in brodo di giuggiole. Le campane sono la mia passione, il loro “din don” mi rende più sereno, mi fa sognare. Incontrare chi le fabbrica è un’occasione d’oro. Ed eccomi alla porta di “Bellucci Echi e Luci”, in via Pisacane, busso e viene ad aprire una persona gentile, accogliente, un sorriso affabile: E’ Giuseppe Bellucci, 63 nni, il titolare. Mi invita ad accomodarmi in una sala con una scrivania sgombra, un marchingegno che sembra una scultura contemporanea addossato alla parete sinistra e invece è la struttura di un grosso orologio da torre.
Bellucci si siede di fronte a me, incrocia le mani sul tavolo e sorride aspettando le domande. Ma io sfogo il mio disappunto di non averlo conosciuto prima. “Vengo a Martina da 80 anni, in treno o in aereo o in auto; fino a qualche anno fa anche in inverno, quando avevo la casa nel centro storico. e solo adesso vengo a sapere che nella città da me adorata c’è un uomo che fabbrica i “din don” destinati alle chiese, alle piazze, ai conventi, ai monasteri di tutto il mondo.
Questi martinesi! Si distinguono sempre, in ogni campo. Sono geniali. Abbandono il superfluo e vengo al sodo, “Come devo chiamarla? Maestro?”. “Per carità, io sono un artigiano”, proveniente da una dinastia di artigiani. Lo proclama con orgoglio. Un suo antenato produceva chiodi. Ma chiodi a parte, anche la lavorazione del ferro in alcuni casi è arte.
La conversazione con Giuseppe, anche per la sua serenità, la sua giovialità, la sua apertura al dialogo è edificante. Anche istruttiva. E’ proprio vero che quando il confronto è sereno, pacato, rispettoso dei ruoli e delle capacità dell’altro arricchisce. E l’incontro con questo lavoratore instancabile ed entusiasta, che dopo un ottimo rodaggio come elettricista installatore ha proseguito creando illuminazioni artistiche nelle chiese di ogni dove, per poi plasmare campane, è per me molto utile e piacevole. Anche per la semplicità con cui Giuseppe si racconta.
Un giorno, mentre disponeva le luci nella chiesa di San Francesco nella sua Martina , il missionario padre Felice Garau gli chiese di automatizzare le campane. Lui non aveva familiarità con questo lavoro e nello stesso tempo voleva soddisfare la richiesta del sacerdote; così si rivolse ai maestri della ditta Trebino di Genova. Bellucci è persona disponibile, non si tira mai indietro, non risponde mai con un rifiuto, se può. Personaggio interessante, esemplare, innamorato del suo lavoro, che esporta in Argentina, Spagna, Polonia, Kenia, Albania, Israele, Libano, Giordania, apprezzato ovunque. Con i suoi collaboratori costruisce strumenti sonori e contatempo di tutte le dimensioni, impreziosendoli, se necessario, con stemmi vescovili, fregi, scritte, date…. Ed ecco una curiosità ricreativa: “Per entrare in un convento di clausura deve suonare il campanello per avvertire le monache, e suscita un fuggi-fuggi verso le celle. E’ interessante ascoltarlo. Un racconto fluido, senza ricami, avvincente. Lo ascolto con molta attenzione. Pendo dalle sue labbra. Si alza, prende un campanello e mi mostra com’è stato eseguito. Suonano alla porta, nella stanza s’infila una lama di luce. Quella mattina Martina è ancora più bella, più dolce, più incantevole. Il sole la bacia, l’accarezza.
Mentre il nuovo venuto si intrattiene pochi minuti con Giuseppe, il mio pensiero corre, come spesso accade, alla valle d’Itria, al suo splendore e alle piccole chiesette di campagna, soprattutto a quella che da piccolo frequentavo, assistendo alla messa celebrata dallo zio prete. Sento anche l’eco di “din don” che vengono da lontano. Le campane sono un segnale, un richiamo, un ricordo, un suono antico, oltre che un invito alla preghiera. Sento quel suono ed è come se si aprisse una chiusa che fa scorrere i ricordi.
Rieccoci nuovamente soli, e Giuseppe Bellucci riprende il suo discorso. “Tanti anni fa padre Ernesto Caroli, uno dei fondatori dello ‘Zecchino d’oro’ di Bologna, mi ha finanziato la costruzione della prima campana per l’Albania dopo la caduta del comunismo”. Durante un pellegrinaggio in Terra Santa l’archeologo padre Michele Piccirillo gli ha dato l’incarico di architettare luci e campane. Giuseppe è dunque una persona nota e stimata, come persona e come artista. Un maestro richiesto ovunque. Le sue opere danno gioia e serenità nel mondo. Dappertutto i suoni da lui creati portano armonia; richiamano alla tavola e alla distensione, alla meditazione, all’incontro. Ciononostante, non si dà arie, parla con scioltezza e chiarezza, con semplicità; descrive le fasi di lavorazione di una campana dall’argilla e dalla cera persa al bronzo. Non ha tempo per raccontare la storia delle campane, che hanno origini lontanissime e incerte. Sarebbe stato san Pio di Nola, protettore dei campanari, a stimolare nel V secolo il benvenuto alla campana con il batacchio interno. Le campane più antiche d’Europa sono fatte di terracotta e sono state scoperte a Creta. “Quanto tempo occorre per realizzare una campana?”. “Due o tre mesi, seguendo sempre la stessa tecnica. Sono cambiati solo i forni, che prima erano a legna, ora a gas”.
Giuseppe mi istruisce guardandomi dritto negli occhi. I suoi sono vivaci, Parla velocemente, elenca i sacrifici richiesti per soddisfare i committenti. Lo affascina il suono, batte con delicatezza con il dito indice un oggetto piccolo e sottile sul bordo di più campane distribuite nel laboratorio, simulando un concerto; muove il batacchio di una campana collocata su una mensola, senza alcun compiacimento. “Noi – riferendosi ai collaboratori – ci occupiamo anche della installazione e dell’automazione”. E gli orologi? “Eseguiamo il restauro conservativo. Ho sistemato l’orologio a torre di Galatina; ad Avetrana la vecchia macchina collocata nel museo a scopo didattico; a Martina Franca sulla torre della Società Artigiana ho risanato l’orologio; a Serracapriola, nel Foggiano, un gioiello di paese, l’orologio a torre”.
Sono dunque tante le città in cui ha prestato la sua opera. Naturalmente ha ricevuto molti riconoscimenti: è per esempio cavaliere di gran croce dell’Ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme. Il cardinale Salvatore Giorgi, arcivescovo di Palermo, a suo tempo lo ha presentato a Papa Giovanni Paolo II, che si è congratulato per i lavori artistici eseguiti nei luoghi sacri di varie parti del globo. Anche di recente ha ricevuto riconoscimenti e onorificenze. E ha lavorato per la Basilica di Santa Fara dei padri cappuccini di Bari; per la chiesa di Santa Marta di Genova, per la chiesa dei Santi Medici di Bernalda – Matera – il paese del regista, sceneggiatore, produttore Frank Ford Coppola.
Ha messo a disposizione la sua arte per dare ampio rilievo a rarità architettoniche; e accenna alla Basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme; alla Chiesa della Consolata di Nairobi…dove ha ottenuto, come sempre, risultati eccellenti. In una lettera frate Pio Dandola, del Commissariato della Terra Santa, ha scritto che ”con sorpresa e gioia ho ricevuto e gradito la bella foto che ti ritrae assieme al caro padre Michele Piccirillo, che avendo provvidenzialmente scoperto le tue qualità professionali, queste gli hanno suggerito lavori da lui sognati da tempo…”. Aggiunge “Hai reso cosi luminoso e splendido la cappella francescana del Calvario proprio in occasione della Festa di Esaltazione della Santa Croce”.
Giuseppe Bellucci ha inoltre ricevuto lo scapolare della Chiesa del Carmine di Martina ed è un viaggiatore instancabile, non soltanto per ragioni di lavoro. “E’ amante del bello. ‘Affamato di bello’ – interviene Francesco Lenoci, tra l’altro presidente onorario dell’Associazione Pugliesi i cui soci sono sparsi in tutt’Italia – “Con i suoi orologi e con le sue campane rende ancora più belli i luoghi in cui li colloca. Come a Serracapriola”, adagiato tra Puglia e Molise. Viaggia per conoscere, ammirare, scoprire, deliziare lo spirito. E’ una persona eccezionale. Generosa, rispettosa del prossimo e delle regole. Appena lo conosci hai l’impressione di essere suo amico. Tanta è la grazia del suo approccio.
Sono uscito più che soddisfatto da questa intervista a un lavoratore geniale.

 

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