Il via alle 7,30 per una giornata da bollino rosso fuoco a Taranto. Gli autotrasportatori, come preannunciato, schierano i tir non più solo davanti al varco imprese del siderurgico Ilva ma li portano su alcune strade statali e poi li fanno convergere verso il centro urbano.
In marcia, i trecento tir, sulla statale 100 da Taranto a Mottola-San Basilio. Conferenza stampa, quindi una parte del corteo fa una deviazione verso la statale 106, gli altri tornano indietro e tutti si ricongiungono verso il capoluogo, al rondò di ingresso a Taranto (ma non nel centro urbano). Trecento tir, uno dietro l’altro.
Una giornata pazzesca dunque, perché pazzesca è la situazione degli autotrasportatori: quindici milioni di euro complessivi di crediti, neanche un centesimo intascato e l’azienda aveva proposto loro di azzerare quel pregresso per ragionare sull’anticipazione di quanto maturato nel periodo attuale. Loro l’hanno considerata una presa in giro. Allora hanno scritto una lettera a Matteo Renzi: o un congruo anticipo degli arretrati entro un mese o la protesta si inasprirà ulteriormente.
Taranto è messa a durissima prova, dal caso Ilva. Quello degli autotrasportatori e delle aziende dell’indotto, un fatto gravissimo (lavorare senza essere pagati per mesi e trovarsi sull’orlo del fallimento) rischia di diventare perfino di secondaria importanza rispetto alle novità di tipo giudiziario emerse ieri in sede di udienza preliminare: l’Ilva esclusa dalle responsabilità civili, ovvero risarcimenti chiesti da enti e cittadini, praticamente solo teorici. Trenta miliardi di euro. Questo per una norma contenuta nel decreto Renzi.
A proposito del premier, oggi ci sarà anche lui, con il ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi, al vertice di palazzo Chigi. Si parlerà di emendamenti al decreto. Che servono e devono essere molto concreti perché, al di là del proclama iniziale di grande attenzione verso l’Ilva e verso Taranto, al momento è solo un problema in più. Ma grosso: dove interviene, rovina.
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