Arrivarono all’aeroporto di Punta Raisi di sabato pomeriggio e da lì, in quello che doveva essere un trasferimento in assoluta segretezza, a casa, a Palermo. In strada, a Capaci, al passaggio della loro macchina e del personale di scorta, venne fatto esplodere, con un telecomando, un ordigno di mezza tonnellata di tritolo. Morirono tre agenti di scorta: Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani. Il giudice Giovanni Falcone e Francesca Morvillo, anche lei magistrato e compagna di Falcone, morirono poco dopo. Gli unici sopravvissuti furono Paolo Capuzza, Angelo Corbo, Gaspare Cervello e Giuseppe Costanza, uomini di scorta. Uno dei momenti più bui della storia italiana, sabato 23 maggio 1992: ventitre anni fa. Sabato come oggi. A tenere la mano di Giovanni Falcone fu il collega e amico Paolo Borsellino, ucciso in un’altra esplosione, il 19 luglio di quell’anno.
Combattevano la mafia, Falcone e Borsellino. Così come combatteva la mafia Piersanti Mattarella, politico siciliano: ucciso dalla mafia. Oggi il fratello di Piersanti, Sergio Mattarella, è il palermitano presidente della Repubblica: e Piero Grasso, che era un giovane magistrato palermitano inviato a indagare sull’assassinio di Piersanti Mattarella, è presidente del Senato, seconda carica dello Stato. Oggi, Sergio Mattarella e Piero Grasso sono a Palermo, per commemorare Falcone e tutte le vittime di mafia.
Oggi è anche un altro anniversario importante: il 23 maggio 1915, cento anni fa, domenica, la dichiarazione di guerra dell’Italia all’Austria-Ungheria. L’Italia, dal giorno successivo, schierò l’esercito al fianco della coalizione con Francia e Gran Bretagna, entrando nella prima guerra mondiale.
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