Noi non vogliamo essere gli esattori dello Stato in maniera così insopportabile per i cittadini. Noi non possiamo più tollerare che i trasferimenti agli enti locali diminuiscano e le tasse aumentino. Noi non possiamo più ammettere che per il patto di stabilità, le somme che sono negli avanzi di amministrazione dei Comuni siano inutilizzate. E sarebbero tanti soldi.
Insomma, di essere impoveriti e di impoverire i cittadini, non ne possono più, i sindaci. E come avviene in ogni parte d’Italia, lo hanno manifestato anche a Taranto. Se il presidente nazionale dell’Anci (associazione nazionale dei Comuni d’Italia) Piero Fassino parla apertamente di vertenza aperta nei confronti dello Stato e di possibilità di contenzioso, il livello territoriale pugliese fa altrettanto. Si dice subito che i sindaci, anche della provincia di Taranto, parteciperanno alla manifestazione nazionale di protesta il 29 gennaio prossimo a Roma. Intanto, stamani, nel salone degli specchi del municipio del capoluogo ionico, una conferenza stampa, per esprimere alla popolazione della provincia tarantina il malessere di chi rappresenta in prima battuta i cittadini, ne è direttamente eletto, e adesso si trova fra l’incudine di chi chiede di tassare sempre più (lo Stato) e il martello di cittadini che hanno i loro giustificati strali quotidiani nei confronti di chi li amministra. Gli ultimi due casi della serie, secondo i sindaci (l’iniziativa di raggrupparli è del sindaco di Ginosa, Vito De Palma) sono l’Imu e la Tares. Confusione, norme anche ingiuste se non incostituzionali, una marea di soldi fatti chiedere dallo Stato, nei confronti di cittadini che di soldi non ne hanno più.
Stamani a Taranto i sindaci (o loro rappresentanti, come il padrone di casa Lucio Lonoce che nella foto accanto è al debutto con la fascia, e che sostituisce il sindaco Ippazio Stefàno in questo periodo) presenti all’incontro con i giornalisti erano 14. Gli altri non c’erano fisicamente, “ma è una vertenza di tutti, la partecipazione è di tutti” sottolinea De Palma. Vertenza resa solenne da quelle fasce tricolori.
E il sindaco di Fragagnano è quello che si spinge un po’più oltre rispetto a tutti gli altri: utilizza la parola disobbedienza, che per un esponente istituzionale è anche un po’particolare, se non pericolosa. “Disobbedienza in questo senso: ci vorrebbero iniziative eclatanti, e non ne escludiamo, come il dire a chi si trova al livello statale, che venga ad amministrare un Comune per una settimana. Così si rende conto di persona in quale situazione siamo”.
I sindaci, lasciando da parte i rispettivi colori partitici, vanno alla lotta di classe. Nel mirino ci sono quelli della classe superiore, i parlamentari e gli uomini di governo, molti dei quali (è stato sottolineato nella conferenza stampa) non hanno manco fatto i consiglieri comunali o, comunque, non sono stati direttamente eletti dal popolo con le preferenze. E decidono che chi è a contatto diretto con i cittadini, deve andare a svuotare (in piena legalità, beninteso) le loro tasche.