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Oria: Mario De Nuzzo, ucciso a 16 anni da un vigile. Il Comune rivuole dalla famiglia i soldi del sostegno, mezzo milione di euro Una vicenda ai limiti dell'assurdo, domani in tribunale a Brindisi udienza del giudizio civile

mario de nuzzo

mario de nuzzoL’aggiornamento da Antonio De Nuzzo:

Domani 22/3 sarò in Tribunale a Brindisi, dove per la prima volta comparirà in giudizio nella sezione civile il Vigile che ha ucciso mio fratello, con richiesta di passare il mio debito a lui, come sarebbe dovuto essere dall’inizio. In questa fase si vedrà se il Comune è veramente dalla mia parte o si appoggerà alla sentenza della Suprema Corte di Cassazione come scusante o se accoglierà la nostra richiesta.
Cosa importate è che alcuni cittadini di Oria, come rappresentanti di una città, hanno organizzato una raccolta firme indirizzata al Comune dove chiedono di non far entrare nelle casse Comunali questi soldi perchè loro non li sentono loro e trovano ingiusto il risvolto giudiziario di questa triste storia.

Antonio De Nuzzo, nella sua prima comunicazione con cui venne avviata la petizione (ad oggi sono 27314 i firmatari) al commissario straordinario del Comune di Oria, racconta la storia ai limiti dell’assurdo:

Nel 1991 mio fratello Mario, di appena 16 anni, veniva ucciso con un colpo di pistola dietro la nuca da un vigile urbano in servizio, davanti a sette testimoni. La sua unica colpa, l’aver tentato di scavalcare un muretto per assistere al palio cittadino.

Il vigile è stato condannato con sentenza definitiva a 16 anni di carcere, ma ne ha scontati soltanto la metà. Non gli è mai stato imposto di risarcire la mia famiglia: la responsabilità è ricaduta sull’Amministrazione, per la quale il vigile prestava servizio. Il Comune di Oria (Brindisi), il nostro paese, è stato quindi chiamato a corrispondere ai miei genitori più di 500 mila euro di risarcimento.

Dopo due sentenze di condanna, in primo e secondo grado, il Comune ha fatto ricorso: adesso, a distanza di più di 20 anni dall’uccisione di mio fratello, la mia famiglia deve restituire la somma che ha ricevuto, con tanto di interessi e rimborsi legali. Quei soldi, però, non li abbiamo più: sono stati utilizzati dai miei genitori per costruire la cappella di famiglia e per terminare la casa dove oggi vive mio padre. Parte del denaro, poi, è stata spesa per curare mia madre, ammalatasi, e poi morta, dopo la scomparsa di mio fratello.

Sono passati più di vent’anni e al dolore e alla sofferenza sembra non sia possibile mettere fine. Nel frattempo mi sono sposato e ho fatto due bambini. E per la mia famiglia vorrei la serenità che io non ho avuto. Adesso, però, rischio il pignoramento dei miei beni e di un quinto del mio stipendio.

Il Comune di Oria, con una delibera, potrebbe rinunciare a questi soldi per motivi umanitari. Faccio appello all’Amministrazione cittadina e al Commissario prefettizio Pasqua Erminia Cicoria perché rinuncino al denaro, permettendo alla mia famiglia una vita finalmente serena.

 

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