Di seguito il comunicato degli organizzatori:
Al Festival della Terra delle Gravine, diretto da Giovanni Tamborrino per il Comune di Laterza con la collaborazione dei Teatri di Bari, l’«opera senza canto» entra in fabbrica. Il compositore tarantino, premio Abbiati nel 2012, torna, infatti, a proporre il suo teatro musicale in uno spazio inusuale, facendosene lui stesso interprete. Accade con «Immond/izia», lavoro ispirato al racconto allegorico «Le città invisibili» di Italo Calvino, produzione del Festival della Terra della Gravine che debutta giovedì 18 agosto (ore 21.30, ingesso libero) in un’azienda di riciclaggio e lavorazione di metalli, la SaTraMet di Laterza, in via Pineta 3, tra cumuli di rottami.
Una scelta sempre in linea con lo spirito originario del Festival, ideato vent’anni fa per rendere già allora grotte, gravine, antri, sassi e chiese rupestri i nuovi attori di un’arte contemporanea che non si rappresenta più frontalmente, ma in spazi alternativi ai palcoscenici tradizionali: spazi «vuoti» all’interno dei quali Tamborrino si propone ancora di riscoprire una dimensione umana sempre più demolita dalla contemporaneità.
Tuttavia il territorio di Laterza non è fatto solo di grotte e crepacci, ma anche di spazi del quotidiano. E quando interviene la sospensione del rapporto col mito delle Gravine, questa si traduce nella ricerca di un intervento di tipo “sociale” in luoghi corrispondenti. Proprio come quello scelto per mettere in scena «Immond/izia» su musiche di J.S. Bach e Vito Tannoia, opera senza canto per voce, fisarmonica, archi e percussioni con l’Orchestra Sinfonica Pugliese diretta da Giuseppe Salatino, lo stesso Tannoia solista e Giovanni Tamborrino (autore della drammaturgia) voce recitante con improvvisazioni percussive realizzate utilizzando materiali di scarto raccolti in modo estemporaneo dagli ammassi di metallo. Previsti anche interventi danzati di Alessia Carucci, Graziana Pinto, Nica Mezzapesa, Anna Mastrangelo.
La storia di «Immond/iza» si svolge a Leonia, città che rinnova se stessa tutti i giorni: ogni mattina la popolazione si risveglia tra lenzuola fresche, si lava con saponette appena sgusciate dall’involucro, indossa vestaglie nuove fiammanti, estrae dal più perfezionato frigorifero barattoli di latta ancora intonsi, ascoltando le ultime filastrocche dall’ultimo modello d’apparecchio televisivo. Intanto, sui marciapiedi, avviluppati in tersi sacchi di plastica, i resti della Leonia d’ieri aspettano il carro dello spazzaturaio. Da raccogliere non ci sono solo tubi di dentifricio schiacciati, lampadine fulminate, giornali, contenitori, materiali d’imballaggio, ma anche scaldabagni, enciclopedie, pianoforti e servizi di porcellana. Leonia è la città dell’opulenza, ma che si misura non tanto dalle cose che ogni giorno vengono fabbricate vendute comprate, ma da quelle che vengono buttate via per far posto alle nuove.
La programmazione proseguirà sabato 20 agosto, nella Fontana Antica di Laterza (ore 21.30), con la seconda produzione del Festival, un’altra opera senza canto, intitolata «Madre Terra», stavolta su musiche dello stesso Tamborrino.