Giuseppe Deleonardis, segretario del sindacato Flai-Cgil della Puglia, snocciola dati durante la conferenza stampa. Esempio: nel 2015 veniva confermato che su oltre duemila controlli alle aziende, in regola c’era poco più del quaranta per cento di esse. Quest’anno il quadro non è cambiato e, dice Deleonardis, i provvedimenti legislativi di contrasto al caporalato sono rimasti sostanzialmente sulla carta. Anche perché, dice l’esponente sindacale, alla Regione Puglia non sono stati trasferiti dallo Stato i fondi così come invece prevedeva un protocollo siglato in primavera (foto, era il 27 maggio). Dei quattro milioni di euro non è arrivato un centesimo, insomma. “Vi sono aziende oggetto di ispezioni che hanno beneficiato di fondi pubblici, con la tragedia che i salari sono mediamente inferiori del 40-60 per cento rispetto al contratto, che i ghetti sono affollati di migliaia di lavoratori e che in alcuni magazzini ortofrutticoli si lavoro fino a 12-14 ore al giorno. Altro assurdo è scoprire aziende pugliesi sotto processo per caporalato iscritte alla Rete di qualità del ministero dell’Agricoltura. Questo perché per l’iscrizione non è prevista l’applicazione del contratto. Ragion per cui chiediamo al parlamento d’intervenire” è la parte di intervento di Deleonardis riportata dall’agenzia di stampa Ansa.
In quanto al segretario regionale della Cgil, Pino Gesmundo, il suo è stato anche un appello alle persone per bene che fanno impresa in regola, senza ricorso al caporalato, per condurre insieme la battaglia di legalità. Altrimenti siamo pronti a continuare da soli. Insomma, il sindacato non si ferma e oggi ha parlato apertamente di un contrasto al caporalato che è, più o meno, una chiacchiera.