Gli imputati sono quindici, fra presunti schiavisti imprenditori italiani e presunti schiavisti caporali stranieri. Le richieste più alte, nella requisitoria dell’accusa al processo in corso a Lecce, sono per un imprenditore italiano, Pantaleo Latino sessantenne di Nardò, e per il tunisino 46enne Ben Mahmoud Saber Jelassi, Quattordici anni per ciascuno dei due. Non molto dissimili le pene richieste per gli altri imputati, tutti accusati del reato di riduzione in schiavitù di migranti. In particolare, Latino è considerato dall’accusa l’orchestratore di un ignobile sfruttamento dei migranti nella raccolta delle angurie a Nardò e in altri centri del territorio salentino. Sfruttamento che, secondo l’accusa, consisteva nel corrispondere paghe misere, nel tenere sequestrati i documenti dei lavoratori trattati da schiavi dovendo anche lavorare anche dodici ore al giorno, nei campi.
FIno a prova del contrario sono tutti innocenti. Un discorso in linea generale peraltro si può fare. Chiunque abbia, in qualsiasi contesto, ridotto in schiavitù un altro uomo, sia messo in carcere. Poi, si butti la chiave.