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I due parlamentari di Taranto (avvocati) scrivono al ministro per difendere la sezione fallimentare del tribunale Chiarelli e Pelillo evidenziano quelle che ritengono le estraneità assolute con fatti riguardanti la malavita e attaccano i parlamentari M5S che chiedono di chiarire presunte anomalie

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Di seguito la nota congiunta inviata dai parlamentari Gianfranco Chiarelli e Michele Pelillo al ministro della Giustizia, Andrea Orlando:

Nel corso del mandato parlamentare, sia in veste di rappresentanti in Parlamento della provincia ionica, sia nell’ambito dell’attività delle commissioni di appartenenza, abbiamo  avuto modo di confrontarci innumerevoli volte su diverse problematiche che riguardano la Giustizia in generale, e Taranto e la sua provincia in particolare. Abbiamo discusso dell’accorpamento delle sedi giudiziarie, della paventata chiusura della sede distaccata della Corte d’Appello, del Tribunale per i minorenni, della sicurezza delle sedi giudiziarie. Tanto per fare solo alcuni esempi. Riteniamo quindi che, nell’ambito di un rapporto di reciproca stima che si è venuto a creare, si sia dimostrata la nostra ampia conoscenza del territorio e delle dinamiche che riguardano la vita giudiziaria. Con tale premessa sottoponiamo una necessaria riflessione su alcuni temi di grande attualità oggetto di ampio clamore mediatico in questi giorni.

  L’atto di Sindacato Ispettivo n° 4-06628, presentato da alcuni senatori del gruppo Movimento Cinque Stelle, in data 9 novembre 2016, nella seduta nr. 719, che segue, su analogo argomento, il precedente atto ispettivo  4-0637 datato 21 settembre 2016, riguardante, a dire il vero in modo molto confuso, generico e soprattutto lontano dalla verità dei fatti, l’attività della Sezione fallimentare del Tribunale di Taranto, e non solo, impone di intervenire al fine di esporre elementi di verità in una vicenda che presenta chiari aspetti di pura strumentalizzazione politica.

   La nostra comune lunga esperienza professionale, di operatori della Giustizia, ci pone nelle condizioni di esporre valutazioni fondate su dati di fatto direttamente verificati; ben diversamente dai colleghi parlamentari firmatari dei due atti ispettivi che, per un verso non rappresentano, e non conoscono, direttamente il territorio (neppure dove sia allocato il tribunale) se non attraverso fonti giornalistiche; per altro, stando a quanto rivela il contenuto degli atti proposti, denunciano evidenti lacune in termini di conoscenza del nostro diritto, e in specie delle procedure civili e fallimentari.

   Va segnalato, innanzitutto, come l’ampia eco mediatica che ha fatto seguito alla iniziativa dei senatori cinque stelle, iniziativa che si configura come una superficiale, generica e  astratta denuncia di ipotetiche irregolarità, ha di fatto gettato fango sulla intera categoria degli operatori di Giustizia del Foro di Taranto, con un una conseguente grave caduta di immagine nei confronti della opinione pubblica.

  Una caduta di immagine che colpisce l’intero sistema giudiziario italiano, di cui l’articolo 110 della Costituzione assegna al Ministro della Giustizia il compito di curare “l’organizzazione e il funzionamento dei servizi ….”

   Riteniamo che in tal senso la pronta reazione del presidente del Tribunale, dott. Franco Lucafò, del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, e delle associazioni di categoria, abbia esaustivamente esposto, anche sul piano tecnico delle procedure, palesemente ignorate dai parlamentari interroganti, la inconsistenza di ogni pur minimo fondamento rispetto alle ipotesi di irregolarità denunciate.    

  L’attenta analisi dell’intera vicenda evidenzia l’intrecciarsi di problematiche di diversa natura, da affrontarsi ciascuna separatamente e con gli strumenti previsti, evitando, come appare chiaramente dall’operato dei senatori cinque stelle, di produrre un unico confuso, fuorviante,  atto di accusa, errato, quanto lesivo della onorabilità di una intera categoria di magistrati, professionisti, e funzionari.

  • La questione penale. L’arresto di tale Pasquale Putignano, per violazione dell’obbligo di non allontanarsi dall’area di Palagiano (comune in provincia di Taranto), è avvenuto all’interno della Sezione fallimentare del tribunale di Taranto. Tale circostanza evidenzia due questioni:
    • La prima riguarda la assoluta assenza di qualunque collegamento tra le responsabilità da accertarsi a carico dell’arrestato e l’attività della sezione fallimentare.
    • La seconda, per la quale più volte si è sollecitato il Governo ad assumere provvedimenti, riguarda in generale la sicurezza delle sedi giudiziarie. In particolare il tribunale di Taranto risulta molto esposto, in assenza di adeguati sistemi e procedure atti a garantire il controllo degli ingressi. Tant’è che chiunque può raggiungere aree sensibili del tribunale senza un preventivo filtro.
  • La gestione degli incarichi. L’atto ispettivo di cui si tratta, riporta pedissequamente quanto esposto da un cittadino, che si ritiene danneggiato. Esposto che, come previsto, è alla attenzione della Procura di Taranto e che sarà oggetto di necessario approfondimento. Ritengo una indebita ingerenza spostare sul piano politico la questione. Tuttavia, è opportuno a questo punto fare chiarezza. L’affidamento degli incarichi, in riferimento alle esecuzioni immobiliari, come è stato già ampiamente chiarito da diversi interventi di addetti ai lavori, è puntualmente regolamentata e prevede un elenco tenuto dai Consigli degli Ordini che, nel caso di Taranto, conta ad oggi circa 500 avvocati a cui sono distribuiti circa 800 incarichi per anno. Analogamente anche l’assegnazione di incarichi  assegnati dalla sezione fallimentare, che avvengono puntualmente nel rispetto di quanto previsto dall’ art. 28 della legge fallimentare. Quanto sopra è facilmente rilevabile dalla documentazione che accompagna ogni atto giudiziario.
  • Le problematiche sociali. Nelle premesse dell’atto ispettivo dei senatori cinque stelle si pone in evidenza il grave allarme sociale che deriva anche dai numerosi fallimenti in provincia di Taranto. Un  allarme sociale reale, che va ricondotto esclusivamente ad una accentuata crisi economica che, come è noto, a Taranto, si presenta particolarmente grave a causa anche della vicenda Ilva, che ha colpito l’intero indotto produttivo, con ricadute negative sull’intero tessuto economico ed occupazionale. Le oggettive difficoltà che derivano dall’incremento dei fallimenti, non possono mai  essere attribuite alla gestione da parte della magistratura, che opera nel più stretto rispetto delle normative di legge. Va piuttosto segnalato come il Governo, nelle more di provvedere ad una più articolata riforma che intervenga sui tempi dei processi, ha dato via libera a modifiche normative, come nel caso dell’ art. 591 C.p.c., recentemente modificato  dal Decreto Legge  nr. 59 del 3 maggio 2016), da cui deriva, tra l’altro,  la procedura del cosiddetto “prezzo vile”. La questione primaria quindi non è la gestione delle procedure fallimentari ed esecutive, che sono puntualmente regolamentate e verificate, quanto intervenire a monte per creare le condizioni necessarie a garantire la vitalità delle imprese, come più volte si è sollecitato.  Ma questa è un’altra storia che riguarda le politiche di sviluppo e non l’amministrazione della Giustizia.

Infine riteniamo che alle valutazioni di natura tecnico-giuridica, sia doveroso aggiungere la nostra personale testimonianza di operatori della Giustizia che hanno una lunga ed abituale frequentazione delle aule giudiziarie, e in particolare quelle di Taranto.

Frequentazione che porta ad aver acquisito negli anni piena conoscenza degli uffici, dei funzionari e dei magistrati, dei quali, senza esclusione alcuna, non possiamo che segnalare la massima correttezza, scrupolosità e capacità, pur in presenza delle tante note carenze, più volte segnalate, in termini di strutture e di piante organiche.

Siamo pertanto convinti che quanto programmato, per altre motivazioni, nei vari tribunali d’Italia, già nel mese di giugno 2016 (ispezione prevista a Taranto per il mese di gennaio 2017),  debba puntare a dare risposte ad un territorio che chiede da tempo certezze in tema di sviluppo, di giustizia, di sicurezza sociale, ripristinando altresì la verità dei fatti, e smascherando ogni tentativo di strumentalizzazione politica.

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