Di Mauro Mari:
Il mancato sblocco di 50 milioni di euro che la Puglia aveva chiesto per destinarli all’emergenza sanitaria di Taranto ha spiazzato tutto l’arco politico pugliese, a cominciare proprio dal Pd locale. Dal presidente della commissione Bilancio della Camera, Francesco Boccia al governatore pugliese Michele Emiliano, il dietrofront ha sorpreso tutti, vuoi per la grave situazione che attanaglia il territorio ionico, vuoi perché lo stanziamento era dato per scontato anche dalle parti di Palazzo Chigi, a cominciare dal sottosegretario Claudio De Vincenti, impegnatosi pubblicamente come si era impegnata la ministra Beatrice Lorenzin.
Il segretario Pd della provincia di Taranto, Costanzo Carrieri, ha addirittura sospeso la propria campagna in favore del si al referendum costituzionale del 4 dicembre. Molto pronti a chiedere il voto per il referendum, al momento di mostrare attenzione al territorio si sono tirati indietro, è stata nella sostanza la motivazione di Carrieri nei confronti di quelli del governo nazionale e adepti vari. Di tradimento e di atto di grave ostilità verso il territorio hanno parlato il presidente del gruppo democratico in consiglio regionale della Puglia, Michele Mazzarano, ed il presidente della IV commissione consiliare regionale, Donato Pentassuglia dichiaratosi solidale con la decisione di Carrieri.
Pentassuglia: il danno e la beffa, per lui.
Forse, non a caso Pentassuglia stamattina a Martina Franca non era accanto a Gianni Pittella, vicepresidente vicario del parlamento europeo (nella foto è quello con il giubbotto azzurro) e gli altri esponenti del Pd cittadino, in giro per la città a promuovere il sì alla riforma costituzionale. Oltre a dissociarsi dalla decisione di Carrieri, Stefano Coletta ex assessore comunale all’Ambiente di Martina Franca, ha aggiunto che il referendum e la questione Taranto non c’entrano nulla tra loro. Ha praticamente fatto eco a quanto dichiarato da Gianni Pittella: quest’ultimo ha sottolineato che sulla questione Taranto i lavori vanno avanti, ma su altri tavoli. Il referendum è altra cosa.
Il sottosegretario Claudio De Vincenti in merito alla revoca dei 50 milioni ha dichiarato ieri: “squallido strumentalizzare la salute dei tarantini per coprire la totale inadeguatezza del servizio sanitario pugliese”.
Fino all’anno scorso, assessore alla Sanità della Regione Puglia era proprio Donato Pentassuglia, oggi presidente della commissione che si occupa di Sviluppo economico. Il danno a la beffa, appunto, per chi ha apertamente fatto campagna per il sì e oggi si è sentito dare dell’inadeguato da chi lui sostiene, nonché si è visto lasciare solo dai suoi concittadini del suo stesso partito.
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In tema di sanità tarantina e referendum, di seguito quanto diffuso dal movimento Possibile:
Ilva: una maggioranza di bicameralisti inconsapevoli
«È scontro totale fra governo e Regione Puglia sulla bocciatura della deroga al decreto ministeriale 70 per Taranto. Il decreto è quello che prevede tagli agli ospedali pugliesi tradotti nel piano di riordino di prossima approvazione. Da mesi si chiedeva di risparmiare Taranto dai tagli concedendo alla città di spendere 50 milioni (già presenti nel bilancio regionale e non da stanziare ex novo) per assumere 1.800 tra medici e infermieri e acquistare macchinari diagnostici, alla luce dell’emergenza sanitaria che colpisce la città ionica all’ombra dell’Ilva. A cominciare dai bambini».
Le parole che descrivono quanto successo nelle scorse ore alla Camera non sono nostre, ma sono di Repubblica. Ora la legge arriverà al Senato, dove (per colpa del bicameralismo perfetto!) si potrà rimettere mano al dispositivo, riportandolo sui binari che già erano stati individuati di intesa tra Stato e Regione. Anche il sottosegretario alla presidenza del consiglio, Claudio De Vincenti, è intervenuto sulla vicenda, cercando di placare gli animi e confermando che «il passaggio della legge di bilancio al Senato» permetterà di «approfondire ulteriormente le modalità per far fronte alle criticità della sanità tarantina».
Senza voler trarre conclusioni e dare giudizi, rileviamo che alle volte il bicameralismo perfetto serve, e serve per rimediare a errori, dimenticanze, omissioni (non volute, ma spesso volute) compiute dalla classe politica. Il bicameralismo perfetto, in questo caso, agisce da vera e propria assicurazione istituzionale, superiore per definizione alle manchevolezze e alle bassezze della politica e dei partiti. E pensate come avrebbe potuto (non) risolversi questa vicenda se davvero – ma così non è,come abbiamo già avuto modo di spiegare – questa riforma portasse tutte le competenze sanitarie in capo allo Stato e a una sola camera legislativa.
Se ne discuterà nuovamente al Senato, perciò, ma solo a partire dal 12 dicembre, quando potremmo trovarci di fronte a uno scenario politico e, potenzialmente, anche istituzionale totalmente differente.
Quando si cambia la Costituzione bisogna fare le cose bene, valutando tutti gli scenari, anche e soprattutto gli scenari peggiori.